Come saranno gli smartphone del 2030? (II parte). O meglio, nel 2030 esisteranno ancora gli smartphone?

Martedì scorso eravamo rimasti qui: ve lo immaginate come saranno i telefoni cellulari nel 2030? E cosa sarà in grado di fare l’iPhone 30? In base alle idee attuali, lo smartphone del 2030 sarà semplicemente una sottile lastra di un materiale simile al vetro, ovviamente senza pulsanti e senza rischio di rottura. Sì caricherà in modalità wireless e la durata della batteria si misurerà in settimane. E tutto sarà più potente e ottimizzato, dalla fotocamera al processore, fino alla rete 5G, affidabile e veloce a livelli oggi impensabili, che però oggi stanno già immaginando di progettare.
Ma il cambiamento più grande sarà legato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale.
Siete seduti? Okay, allora ve lo dico.
L’intelligenza artificiale guiderà l’auto, gestirà casa e sarà ovunque: smartphone, tablet, smartwatch, computer portatile, nelle cuffie, nella caldaia, nelle scarpe e nel decanter del vino. E sarà in mille altre robe folli che verranno inventate per interagire con lei, “Ia” (o “Ai” all’inglese).
Dinnanzi allo scenario messo in moto da Ia, nel 2030 cambierà inevitabilmente anche il rapporto con il nostro computer principale, che sia in ufficio o a casa. Probabilmente diventerà una via di mezzo con lo smartphone o forse saranno semplicemente due “vetri”, intesi come schermi: uno più grande e uno da tasca, da portare sempre con noi. La potenza di processori e reti, infatti, ci farà interagire con esso-essi usando la voce, i gesti e ancora le tastiere (che sono comunque riuscite a sopravvivere a tutto l’odierno sviluppo tecnologico). Uno schermo e l’Ia, non ci servirà altro.
Mentre Gadi Amit, presidente di New Deal Design, sostiene che tutti noi un giorno di schermi ne avremo tre. Uno sarà enorme, grande come una tv da parete. Il secondo sarà piccolo. E il terzo sarà una specie di smartphone, che forse si piega all’occorrenza per entrare in tasca o che si smonta, da usare per leggere, chattare, giocare e lavorare.
Ma nel 2030 non avremo più le App. Almeno non saranno più come adesso. “Saranno molto più intelligenti” spiega Iqbal Arshad, super-ingegnere americano, con esperienze in Motorola, Google e Lenovo, perché dialogheranno direttamente con Siri e Google Assistant.
Un giorno – tecnologicamente parlando – potremmo anche non avere più nemmeno bisogno di questi schermi. Perché potrebbe bastare il riconoscimento facciale e la nostra Nuvola personale chissà dove, per gestire tutte le situazioni in ambienti pubblici e al lavoro e anche a casa. “Ma la gente – prevede Iqbal Arshad – lo vorrà ugualmente un dispositivo personale”.
Per il senso di possesso fisico che è insito negli esseri umani. Perché, a ben guardare, nonostante la sua enorme evoluzione, l’iPhone del 2007, esteriormente, non è granché diverso da quello di oggi. Perché qualcosa nelle tasche dobbiamo pur avere. Perché il nostro dispositivo comunica qualcosa all’esterno sul personale senso della moda e sulla condizione sociale e su mille altre pippe mentali. E perché l’uomo, grazie a Dio, non è e non sarà mai razionale come l’intelligenza artificiale.
 
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