IL MIO MESSAGGIO ALLA NAZIONE

Quello che il presidente della Repubblica non può dire agli italiani

“Inizia un nuovo anno e sappiamo già che il trend per l’Italia del prossimo futuro non cambia. Molte imprese non saranno in grado di pagare le tasse, i contributi e i costi del lavoro e scivoleranno nel nero con imprenditori e lavoratori stranieri. La criminalità organizzata si allargherà. Le imprese moderne esportatrici si asserraglieranno in distretti, dove saranno circondate da sofisticati sistemi di sicurezza. La sfida non sarà una crescita del PIL misurato con parametri canonici (che non funzionano), ma la ricerca di un equilibrio tra queste tre forze per evitare che l’illegalità si mangi tutto e ci riduca in una terra di nessuno. In Messico questa sfida è all’ordine del giorno come lo è in Italia, ma noi non vogliamo rendercene conto perché vorrebbe dire una cosa sola: ammettere che la colpa è di tutti noi italiani che abbiamo un basso tasso di civiltà sociale e di educazione.
Come siamo arrivati a ciò? Non abbiamo investito in educazione, abbiamo sprecato risorse pubbliche e abbiamo caricato gli sprechi sulla classe produttiva che si restringe. Inoltre la burocrazia non lavora e non funziona, non abbiamo formulato leggi adeguate per combattere la criminalità, anche quella spicciola, non abbiamo investito in carceri e nemmeno per tenere le strade pulite.
In tutto questo, il ruolo – negativo – della politica è stato ed è enorme. E oggi, la politica, una volta per tutte, invece di continuare a comprare consenso con fondi pubblici, dovrebbe avere il coraggio di dire la verità. Dovrebbe far capire agli italiani che se si rimboccano le mani adesso, i benefici li vedranno le generazioni future. Dovrebbe educare e dare il buon esempio (su, non ridete) e farla – la politica – dovrebbe essere un sacrificio, non un mestiere (dai, smettete di ridere, parlo sul serio). Al contrario, il livello dei politici nostrani è bassissimo…”
Questo è l’inizio del mio Messaggio alla Nazione del 31 dicembre 2016 e lo ripeto anche adesso perché andrà bene – salvo tragici colpi di scena, ovvero il default – per i prossimi cinque anni, come d’altronde tutto il resto del messaggio del 2016, perché non faccio mica finta: ne so più io di Nostradamus e Mario Draghi messi insieme. Ma non piangiamoci addosso e pensiamo al futuro.
Il 2018, a livello mondiale, sarà, nella migliore delle ipotesi, come l’anno che stiamo salutando ma, più probabilmente, potrà solo peggiorare perché difficilmente le economie di USA, Cina ed Europa replicheranno i risultati del 2017 (ma ovviamente lo speriamo), con il trend dei prossimi mesi che vedrà la stretta monetaria e l’innalzamento dei tassi. E, inevitabilmente, impatteranno sugli investimenti complessivi. Con dinamiche identiche in ambito geo-politico. Se il 2017 ha visto la sostanziale fine dell’ISIS come “Stato”, il 2018 dovrà contrastare i suoi terroristi esuli in Occidente, mentre la Corea di Bimbominchia Kim resta una variabile impazzita, l’Iran un problema come la questione tra Sciiti e Sunniti. Tutto ciò, ovviamente, se lo scenario resta su binari consueti, quindi al di fuori di eventi imprevedibili, anche considerando aspetti atmosferici, geologici, cavallette, eccetera. Insomma, nel complesso, a livello globale, ci attende un anno difficilmente migliore ma probabilmente uguale se non peggiore del 2017.
Immaginando una finestra ben più ampia, magari intorno ai cinque anni, come le missioni di Star Trek, il più grande problema da fronteggiare, in Occidente e non solo, è quello dei vecchiacci – me compreso – che non vogliono più morire! I servizi sanitari nazionali hanno sempre meno soldi e le spese aumentano sempre di più, senza pensare alla voce pensioni, che in Italia riguarda ormai la maggioranza della popolazione o quasi. Con un trend più o meno nuovo che è quello della “fine dell’eredità” della classe media, che non lascia più proprietà e beni ai figli perché se li mangia in cure e medicine (e i più dinamici in turismo sessuale).
Oltre a questo, il resto è noto. Ritorno al protezionismo, con conseguenze che si registreranno solo tra qualche anno. L’alto debito mondiale da una parte e la bassa redditività dall’altro ci accompagneranno con costanza. E non riesco a immaginare particolari cambiamenti strutturali se non arriveranno clamorose sorprese dallo sviluppo tecnologico, intelligenza artificiale in primis. Mentre la manovra fiscale di Trump, suo primo vero successo, è stata il trionfo della plutocrazia mondiale, che fa credere ai poveri di stare meglio ma in realtà fa soltanto il bene degli abbienti. Ma d’altronde sono un vecchio arnese e in quanto tale non ho mai visto che la ricchezza dall’alto scenda verso il basso naturalmente. Servono le martellate di quelli che stanno sotto perché ciò accada. Non lo dico io, lo insegna la storia. Perciò se volete cambiare, vi toccherà iniziare a martellare!
I Bitcoin sono il gioco delle tre carte dei napoletani sul lungomare di Rimini. Mentre nulla di nuovo nemmeno dalla Cina, che spinge tanto sulla tecnologia ma si indebita sempre di più. Nel prossimo quinquennio continuerà il suo trend di crescita tentacolare nonostante l’ostacolo dei suoi nemici storici – India e Giappone su tutti – e il disinnamoramento dei Paesi che per primi hanno fatto tanto business con lei, penso soprattutto a Germania, Australia e USA. Questo perché la Cina è come la varicella, una volta che la prendi poi non la prendi più e nel caso del business cerchi di allontanartene appena puoi.
Per quanto riguarda i prossimi dodici mesi italiani non vedo sostanziali novità. E questo è un fatto positivo. Perché per l’Italia le novità possono significare solo il botto che porta al default. Negli ultimi anni non siamo riusciti a far scendere il debito nonostante i tassi ai minimi storici, adesso che un po’ cresceranno il quadro si farà più incerto. Le elezioni ci daranno un governo tra il debole e l’inutile – l’ennesimo ­– che non farà un cazzo di quello che serve e l’Europa continuerà a guardarci come la grande incognita continentale ben più della Brexit. In questa specie di stand by nel quale è caduto il Belpaese non riesco a individuare cosa possa saltare – un altro aspetto paradossalmente positivo – però ormai abbiamo più pensionati che lavoratori attivi e questo è uno dei nostri drammi. Perché tutto ruota intorno ai pensionati, compreso il consenso elettorale, e strizzare l’occhio a loro, per vincere le elezioni, non può spingere la crescita del Paese. Difatti quel vecchio volpone che è Bungasconi di cosa parla come spinta propulsiva della sua campagna elettorale? Cani e dentiere. Per blandire quelle vecchie ciabatte del suo elettorato.
Ma non preoccupatevi. Trovate Renzi e la Boschi troppo indaffarati nei loro interessi, Salvini uno squalo e il Movimento 5 Stelle inadeguato alla guida del Paese? Fa niente. I partiti, per come funziona l’Italia, non possono fare niente per migliorarla. Servono enormi sacrifici e nessuno vuole farli. La somma di tutto ciò è che i furbi se ne vanno e i meno furbi, con eroismo invidiabile, restano ma poco potranno fare contro un Paese vecchio e soprattutto fancazzista, con 30mila dipendenti nella Regione Sicilia, 24mila Forestali e Roma ricoperta dall’immondizia.
Nell’orizzonte dei cinque anni il quadro è lo stesso. Tiriamo a campare, con sempre più buche nelle strade, le medicine da portarsi in ospedale e la crescita dei disservizi in genere, ma con l’incubo che se qualcosa va storto facciamo la fine della Grecia.
Le alternative sono due. La prima è quella che vuole attuare Michele Mengoli, il mio amato “Herpes”, che tutti i giorni mi citofona per fare la rivoluzione. Ossia ribellarsi alla nostra “dittatura parlamentare” una volta per tutte e assaltare la Regione Sicilia, Roma – e più o meno tutto quello che riguarda le istituzioni, quelle sportive comprese (che nel totale immobilismo-affaristico-cialtronesco hanno distrutto anche l’eccellenza naturale del movimento calcistico azzurro). Oppure godetevi gli ultimi sprazzi di sole, ma non quello estivo. D’estate l’Italia diventa un Paese africano. Con 40 gradi e senza le infrastrutture necessarie da maggio a settembre nessuno fa più un cazzo e lavorare soltanto sei-sette mesi all’anno non funziona nemmeno per i geni al MIT di Boston o della Silicon Valley figurarsi con un dipendente della pubblica amministrazione italiana che non sa nemmeno accendere il computer in ufficio e frustrato va a timbrare il cartellino in mutande.
A proposito di Silicon Valley, per quanto mi riguarda, il 2018 sarà un anno che passerò tra Palo Alto, in California, per stare addosso alla tecnologia, e il Sud-est asiatico, tra Vietnam, Birmania e Cambogia, che hanno economie dirompenti. E nell’orizzonte dei cinque anni, se il buon Dio me li concederà, questo sarà il mio trend. Che poi è il disegno del Mandarin, il mio fondo d’investimento. Faccio parte del gruppo d’assalto. Mi paracadutano dove succederanno le cose come fossi un marine il giorno prima del D-Day.
E al Mandarin pensiamo anche all’Italia. Il polo ceramico che stiamo costruendo qui da noi e che già oggi vende il 90% all’estero, se tutto procede senza sorprese, nel 2019 si quoterà in Borsa. Ah, nel 2018 usciranno altri due miei libri che vi prometto non vi lasceranno indifferenti – di cosa tratteranno? In sintesi, muovete il culo e fuoco e fiamme (non posso dire altro)!
Concludo con un’esortazione ai giovani: voglia di lavorare e poche pugnette in testa vi porteranno lontano, nonostante i populisti-fancazzisti che avrete sempre intorno alle balle. E, soprattutto, per tutti, smettete di lagnarvi e guardate al futuro, che sarà migliore anche grazie al vostro contributo. Viva l’Italia.
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