Il Dragone e l’Elefante

Intervento di Carlo Gardella, Managing partner e fondatore di AdvisingAsia www.advisingasia.com, in occasione del Convegno su “Le opportunità del Far East fra differenze e similitudini con il sistema Italia”, tenuto a Roma presso la Link Campus University il 27 ottobre 2017
 
Abstract
La Cina e l’India, il dragone e l’elefante, sono due realtà con qualche aspetto in comune ma profondamente differenti. L’Autore, dopo aver illustrato i principali fatti storici della crescita economica di Cina ed India, analizza il diverso livello di sviluppo di Cina ed India e le future prospettive di crescita.
Parole chiave: Cina – India – sviluppo economico – PIL – demografia
China and India, the dragon and the elephant, two gigantic realities with something in common but yet a world apart. Two once sleeping giants, now bound to rule the world within the next decades. Over two billion people with literally hundreds of languages and dialects, different religions, customs and traditions, all combined into a heterogeneous melting pot.
China and India face very different challenge in the quest to become the next world powerhouse. In this article, The Author briefly analyzes all the major obstacles the leaders of these two countries shall overcome in the next years. The opportunities but and also the threats that could undermine their ambitious plan to emerge as world leading countries.
Keywords: China – India – economic development – GDP – demographics
SOMMARIO:
1.Lo sviluppo economico di Cina ed India – 2. Il Dragone Cinese – 3. L’Elefante Indiano – 4. India e Cina: similitudini e differenze – 5. Future prospettive di sviluppo per i due giganti asiatici – 6. La mia esperienza come manager espatriato in Cina ed India – 7. Conclusioni.
 

  1. Lo sviluppo economico di Cina ed India

Fino a qualche tempo fa, parlando di Asia il pensiero correva per primo alla Cina e solo più recentemente all’India. Due power house economiche mondiali già durante il diciannovesimo secolo, che hanno attraversato nel corso degli ultimi duecento anni profonde trasformazioni e nel caso della Cina sanguinose rivoluzioni e guerre civili.
Oggi questi due giganti sono tornati nuovamente ad affacciarsi nell’arena geopolitica mondiale, questa volta però entrambe con un ruolo da assolute protagoniste.
India e Cina con i loro impressionanti dati numerici rappresentano ormai nell’immaginario collettivo sinonimo di sviluppo economico, con tassi di crescita senza precedenti almeno a partire dall’anno 2000.
Fabbriche senza fine, distese di nuovi complessi residenziali,infrastrutture avveniristiche costituiscono solo parte di questo corollario, ma soprattutto un enorme mercato formato da oltre 2 miliardi di persone delle quali alcune centinaia di milioni in grado di poter godere di un potere di spesa equivalente a quello dei più ricchi paesi occidentali.
Non ci possiamo affatto stupire quindi, se specialmente nel caso della Cina, dopo la sua adesione al WTO nel 2001, entrambi i paesi siano diventati importanti, fondamentali nella politica di espansione delle principali multinazionali americane ed europee.
La legge dei grandi numeri imponeva di dover essere presenti. Piccole percentuali di mercato in India o Cina rappresentavano potenzialmente in valore assoluto valori enormi che non potevano essere ignorate ulteriormente.
Iniziava cosi, a partire dagli anni duemila una vera e propria corsa ad accaparrarsi mercati che promettevano sulla carta grandi risultati, ma che al contempo, necessitavano di investimenti altrettanto importanti.
Vi era poi anche il problema per le multinazionali di poter inviare manager preparati e pronti ad un impatto non certo facile sia dal punto di vista culturale che lavorativo.
Laddove il reddito medio in Cina e India rimane basso, la loro impressionante crescita economica e l’enorme popolazione le ha rese due potenze mondiali di straordinaria importanza, le cui economie di scala sono superate solamente da quella degli Stati Uniti. Così, anche se una grossa fetta della loro popolazione rimane in uno stato di povertà, le economie di Cina ed India sono del tutto integrate all’interno del mercato mondiale e degli scambi finanziari, rendendo lo sviluppo di questi due paesi di fondamentale importanza per il mantenimento di uno scenario internazionale pacifico durante il Ventunesimo secolo.
 

  1. Il Dragone cinese

Fin dagli inizi della riforma economica cinese lanciata da Deng Xiaoping nel 1978, la Cina è passata da un sistema economico chiuso e centralizzato ad una economia di mercato. Le riforme sono cominciate con lo smantellamento del sistema delle comuni nelle campagne, passando poi alla liberalizzazione dei prezzi, alla decentralizzazione fiscale, ad una maggiore autonomia delle imprese statali, allo sviluppo del settore privato, allo sviluppo di un mercato finanziario e ad un moderno sistema bancario, fino all’apertura al commercio con l’estero e agli Investimenti Diretti Esteri (IDE).
Nel 2010 la Cina è diventato il principale esportatore di beni di prima necessità e ha sorpassato il Giappone in termini di prodotto interno lordo (PIL). La ristrutturazione dell’economia cinese ha decuplicato il PIL a partire dal 1978.
Misurato in termini di parità di potere d’acquisto (PPA), con 10 trilioni di dollari, la Cina è divenuta la prima economia al mondo, sorpassando gli Stati Uniti per la prima volta nella storia.
Tuttavia il reddito pro capite dei cittadini cinesi rimane al di sotto della media mondiale. Inoltre il governo cinese ha davanti a se numerose e ardue sfide, tra cui:

  • Problema demografico. Paradossalmente, i cinesi diventeranno vecchi prima di diventare ricchi. Situazione accentuata anche dalle politiche demografiche in atto dal 1979 relative al “figlio unico”.
  • Ridurre il considerevole tasso di risparmio delle famiglie e promuovere il consumo interno. L’innata elevata propensione al risparmi da parte delle famiglie può diventare un limite per quanto riguarda l’incremento dei consumi.
  • Riforma del sistema finanziario. Oltre il 95% delle banche cinesi sono di proprietà statale. Grande punto oscuro sul sistema finanziario, specialmente riferito ad ingenti investimenti non sempre trasparenti
  • Gestione dell’eccesso di capacità produttiva.
  • Aumentare le opportunità di lavoro in settori con salari alti e promuovere l’assunzione degli studenti neolaureati (Ogni anno in Cina si laureano circa 8 milioni di giovani. Più del doppio rispetto agli Stati Uniti).
  • Ridurre il livello di corruzione ed altri crimini a livello economico.
  • Riduzione del tasso di inquinamento ambientale.

In risposta a queste problematiche nel 2015 il governo cinese, durante il Tredicesimo Piano Quinquennale, ha enfatizzato il bisogno di nuove ed efficaci riforme economiche così come la necessità di aumentare l’innovazione e il consumo domestico in modo da rendere l’economia cinese meno dipendente da investimenti fissi, esportazioni, e dall’industria pesante.
 

  1. L’Elefante Indiano

L’India negli ultimi dieci anni sta attraversando una fase di profonda trasformazione e crescita che e’ andata ad impattare praticamente ogni aspetto della vita economico sociale del paese
La crescita economica dell’India è cominciata a seguito della sua indipendenza dall’Impero Britannico nel 1947, e ha accelerato notevolmente dopo l’inaugurazione delle riforme politiche promosse da Nehru negli anni Ottanta. Le riforme si sono concentrate su tre aspetti principali: incoraggiare l’importazione di beni e prodotti, una leggera riduzione del controllo sull’industria da parte dello stato, e un’iniziale riforma del sistema di tassazione.
L’India solo ora si sta lentamente avviandosi a diventare un’economia di mercato, avviando dalla seconda metà degli anni 1980 e segnatamente dal 1991, un profondo processo di liberalizzazione e de-regolazione dell’economia, mantenendo sul piano politico le sue caratteristiche di paese democratico e, per diversi aspetti, decentralizzato.
Negli anni Novanta, il governo ha promosso misure di liberalizzazione economica, tra cui deregolamentazioni del settore industriale, la privatizzazione delle principali aziende statali (SOEs), e una riduzione dei controlli sul commercio e gli investimenti diretti esteri. Queste politiche hanno permesso all’India di raggiungere una crescita annuale del 7% annuo dal 1997 al 2011.
Quasi metà della forza lavoro è impiegata nel settore agricolo, ma la vera e propria asse portante della crescita economica indiana è il settore dei servizi. Nel 2011, l’economia indiana ha rallentato a causa degli alti tassi di interesse, di una inflazione in crescita, e del pessimismo degli investitoti in merito alla volontà del governo centrale nel promuovere una maggiore liberalizzazione economica.
Tuttavia, a partire dal 2012, l’economia indiana ha ripreso a crescere grazie agli investimenti promossi dal governo, alle misure introdotte per ridurre il deficit, così come grazie alla maggior partecipazione di enti stranieri. La crescita è aumenta ulteriormente nel 2014 e 2015, periodo durante il quale si è registrata una crescita del PIL pari al 7%. Per stabilizzarsi al 6,7% nel 2017.
L’India, così come la Cina, deve affrontare una serie di sfide in modo da mantenere e sostenere l’attuale crescita economia, tra cui:

  • Riduzione dell’elevatissimo tasso di povertà;
  • Arginare la corruzione endemica;
  • Eliminare la violenza e discriminazione contro donne e bambine;
  • Implementare un inefficiente sistema di distribuzione sul territorio;
  • Promuovere i diritti di proprietà intellettuale;
  • Migliorare il sistema di trasporti e le infrastrutture
  • Dare maggiori possibilità lavorative in settori diversi da quello agricolo;
  • Controllare la migrazione tra campagne e città;
  • Riformare e migliorare il sistema scolastico.

 

  1. India e Cina: similitudini e differenze

Dopo avere brevemente discusso i principali fatti storici che hanno portato Cina ed India a vivere una così eccezionale crescita economica, e ad aver delineato le sfide che i due paesi dovranno affrontare in futuro, la seconda parte è dedicata ad un’analisi più approfondita del diverso livello di sviluppo di Cina ed India così da comprendere i motivi per cui le differenze tra i due paesi sono così profonde e non colmabili nel breve periodo. Verranno così analizzati il tasso di crescita del PIL, le infrastrutture, il livello di IDE attratti, il volume totale di importazioni ed esportazioni, così come il tasso di risparmio nazionale.
Negli anni Cinquanta le economie nazionali di Cina ed India erano allo stesso livello. L’economia indiana nello stesso periodo fece registrare performance migliori sia in termini di prodotto nazionale lordo (PNL) sia di PNL pro capite. Tuttavia, a seguito dell’apertura agli investimenti esteri a seguito delle riforme promosse durante gli anni Settanta, l’economia cinese ha fatto registrare enormi progressi e ha superato quella indiana sotto ogni punto di vista ed analisi.
Questi risultati straordinari sono stati rinominati come il “miracolo cinese”. Lo sviluppo della industria manifatturiera ha trasformato la Cina nella “fabbrica del mondo” e ha creato una sostrato industriale sostenibile nel lungo periodo. Nel 2015 gli investimenti diretti esteri (IDE) in Cina ammontavano a 1.723 trilioni di USD, mentre in India il numero di IDE è decisamente minore, pari a 297.1 miliardi di USD.
Inoltre gli investimenti esteri cinesi hanno mantenuto una crescita costante: nel 2015 era pari 1.1 trilioni di USD (nel 2014 era pari a 792 miliardi di USD). Gli IDE indiani erano pari a 129 miliardi di USD nel 2014 e hanno raggiunto la cifra di 137 miliardi di USD nel 2015. Anche il commercio estero cinese ha mantenuto un alto tasso di crescita, facendo registrare una bilancia positiva di 700 miliardi di USD; dall’altro lato, l’India ha fatto registrate una bilancia commerciale negativa pari a 144 miliardi di USD. In termini di PIL se la Cina ha fatto registrare una crescita eccezionale negli ultimi dieci anni, solo recentemente ha cominciato a rallentare, facendo registrate una crescita generale pari a 6.9% nel 2015. Al contrario l’India, con una crescita del PIL del 7.5% nel 2015, ha superato la Cina in termini di velocità di crescita della propria economia.
In termini di reddito nazionale pro capite, la Cina con 14.300 USD per cittadino nel 2015 ha lasciato indietro l’India, la quale nello stesso periodo ha registrato una media di 6.300 USD a testa.
 

  1. Future prospettive di sviluppo per i due giganti asiatici

Anche se l’economia indiana crescesse più velocemente di quella cinese, l’India avrebbe bisogno di un enorme lasso di tempo prima di poter raggiungere lo sviluppo e la complessità dell’economia di scale cinese.
Lo sviluppo economico indiano è invece stato guidato dall’industria attiva nel settore tecnologico; essendo povera di infrastrutture e priva di un settore manifatturiero affidabile, l’India ha basato la sua crescita economica sull’industria dei servizi. La percentuale del PIL occupata dal settore dei servizi in India è pari al 54%, superiore a quello della Cina del 6%. La causa principale per cui l’industria dei servizi ha avuto una performance migliore di quella cinese è da ritrovare negli investimenti statali; negli anni Ottanta, il governo di Rajiv Gandhi dichiarò apertamente che l’India sarebbe stata guidata nel futuro grazie ad una rivoluzione tecnologica.
Nell’ultimo periodo sia Cina che India stanno affrontando le medesime difficoltà in termini di crescita economica, ovvero l’impossibilità di dipendere solamente e ulteriormente dai settori industriali e dei servizi. Entrambi i paesi devono ridurre la loro dipendenza dal commercio estero e promuovere un’economia di più ampio respiro, estesa al numero più alto di settori possibile, così da evitare di essere intrappolate nella catena di produzione internazionale. Il settore industriale indiano è molto debole e anche se avesse a disposizione una numerosa e giovane forza lavoro, sarebbe comunque in deficit di un livello minimo di educazione e di formazione. Inoltre, anche se il tasso di risparmio nazionale è abbastanza alto, pari al 29.3% del PIL, la maggior parte dei risparmiatori potrebbe vedere i propri beni essere impiegati per risanare l’enorme deficit pubblico.
Molti accademici sostengono che, avendo un miglior sistema finanziario, l’economia indiana supererà quella cinese nel lungo periodo, ma è altrettanto importante ricordarsi che l’efficienza del settore finanziario non si traduce in una maggior efficienza dell’economia in generale. Infatti la crescita economia di un paese è considerata efficiente quando permette alla maggioranza della popolazione di accedere ai benefici dello sviluppo; nello specifico, un’economia è efficiente quando promuove nuovi posti di lavoro e un tasso di occupazione sempre più alto.
A seguito della crisi finanziaria del 2008 e della difficoltà affrontate dalle principali potenze mondiali nel mantenere una crescita economia sostenibile, Cina ed India sono tra le poche economie a registrare un tasso di crescita positivo. Molti sperano che una più stretta collaborazione tra questi due colossi e il resto del mondo possa interrompere l’attuale trend negativo dell’economia mondiale
Tuttavia, quando Cina ed India vengono messe a confronto in maniera più attenta e meticolosa, risalta subito agli occhi la profonda differenza tra il livello di sviluppo del Dragone e dell’Elefante, con il primo in deciso vantaggio sul secondo. Nell’ultimo periodo sia Cina che India stanno affrontando le medesime difficoltà in termini di crescita economica, ovvero l’impossibilità di dipendere solamente e ulteriormente dai settori industriali e dei servizi.
Attualmente, la percentuale di disoccupati in Cina è pari al 4.7% della popolazione, mentre in India del 3.6%, ma non dobbiamo dimenticarci del fatto che la forza lavoro in Cina è di 800 milioni di individui mentre in India si attesta attorno ai 500 milioni. Inoltre, a seguito dell’espansione dell’industria tecnologica, si è assistito alla formazione di “due Indie”: una nel nord, povera e sottosviluppata, con un alto tasso di disoccupazione; ed una nel sud, sviluppata e costruita attorno a Bangalore, dove l’economia è guidata dal settore tecnologico, immobiliare e finanziario
Possiamo ritrovare una situazione simile in Cina, dove le aree costiere sono state soggetto di massicci investimenti a discapito di quelle interne.
In conclusione, anche se la crescita del PIL indiano è più veloce di quello cinese, l’economia indiana e il suo processo di sviluppo sono ben lontani dal superare la controparte cinese. Lo sviluppo indiano è costantemente rallentato da infrastrutture insufficienti, dalla stagnazione del settore agricolo, da conflitti interni, dalla instabilità sociale, e da una divisione politica in seno al governo.
Dall’altro lato, il ruolo principale del governo cinese è quello di evitare la “trappola del reddito medio”, di migliorare la qualità della crescita economica, di promuovere un maggior sviluppo scientifico, e di aumentare l’efficienza dell’economia in generale.
Un’ulteriore differenza tra i modelli di sviluppo di Cina ed India è che laddove la prima ha basato la propria crescita su settori a uso intensivo del lavoro, la seconda tende a promuovere settori ad alta intensità di competenza.
Entrambi i paesi dovrebbero concentrarsi sull’importazione di tecnologie avanzate e di esperienza manageriale, ed eventualmente di ridurre la dipendenza dagli investimenti diretti esteri e promuovere una crescita interna basata sul consumo domestico e su investimenti governativi.
 

  1. La mia esperienza come manager espatriato in Cina ed India

Avendo avuto la fortuna di aver vissuto e lavorato come manager per multinazionali complessivamente per quattro anni in questi due straordinari paesi, cercherò di tracciare in breve le principali caratteristiche, specialmente viste da un profilo imprenditoriale rapportato alla possibilità di business in special modo per le piccole e medie imprese italiane.
Come già accennato in precedenza, la vastità territoriale e l’impressionante impatto demografico di questi due paesi, con i loro giganteschi mercati, impone una pianificazione importante e dettagliata da parte delle aziende che desiderano vendere i propri prodotti o meglio ancora produrre in loco per il mercato interno.
Uno dei principali fattori per poter avere successo in questi due paesi e’ la possibilità’ di implementare una efficiente rete di distribuzione, capillare, bene organizzata ed in grado di raggiungere i consumatori anche negli angoli più remoti del paese. Non basta quindi produrre in loco, ma diventa fondamentale altresì assicurarsi che i propri prodotti vengano efficacemente distribuiti mantenendo una dignitosa marginalità.
Molte aziende occidentali che hanno investito in Cina dal punto di vista produttivo, hanno però sottovalutato l’importanza e la complessità del sistema distributivo cinese, finendo per sacrificare (dumping) le proprie marginalità fino a rendere nel tempo completamente improduttivo l’investimento.
Anche in India osserviamo la medesima problematica, ulteriormente peggiorata da una burocrazia che spesso rende virtualmente impossibile operare per le aziende straniere.
 

  1. Conclusioni

Ritengo che potesse sicuramente aver senso investire in Cina fino al 2008 (crisi finanziaria). Ora come ora invece, solamente grandi gruppi grazie ad investimenti massicci saranno effettivamente in grado di trarne un reale beneficio.
Oggi Cina ed India non necessitano più come in passato dell’apporto di capitali stranieri ed anche dal punto di vista tecnologico, sono ormai entrambe in grado di “comprarsi” aziende occidentali acquisendo di fatto know how laddove fosse necessario. Ricordiamo che negli ultimi anni, molte aziende anche di dimensioni ragguardevoli e ricche di tecnologie sono state acquistate da aziende cinesi o indiane.
Solo per citarne alcune, le aziende cinesi hanno acquisito: Motorola, Volvo (divisione auto), GE (General Electric divisione appliancies), Club Med (turismo), Hoover aspirapolveri, Inter Milan, Milan FC, Aston Villa, MG auto (SAIC), Cerruti, Pirelli (tyres).
Aziende indiane hanno acquisito: Tata con (Jaguar e Land Rover), KTM (Bajaj), Corus (Tata), Imperial Energy Corp (UK), Minnesota Steel, Pininfarina (Mahindra).
E’ per questo che ritengo che dopo Cina ed India, le opportunità di investimento possano essere migliori nei paesi del sud est asiatico e più precisamente nella regione ASEAN che analizzeremo in dettaglio nel prossimo articolo.
 
Bibliografia

  • Dougherty S. & Valli V., Comparing China and India: an Introduction, The European Journal of Comparative Economics, Vol. 6 (1).
  • Jacques, M., When China Rules the World, Penguin Books; 2nd edition.
  • Lin, Y, and Zhou, W., eds. BRICS’s Development Report. Social Sciences, Academic Press.
  • Zhou, W., Comparing the Economic Growth of China and India, World Review of Political Economy.

 
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *