Situazione davvero esplosiva, ma a fine anno tornerà la crescita

“In Cina la situazione del Covid è davvero esplosiva. Ci sono fabbriche che hanno l’80-90% di dipendenti malati. Gli esperti stimano 250 milioni di casi e due milioni di morti entro l’anno”.

Alberto Forchielli, dal suo ufficio di Boston del fondo di private equity Mindful Capital Partners continua a guardare le due sponde dell’Atlantico e soprattutto all’Asia, a ciò che sta avvenendo in Cina.

La vice direttore generale del Fmi Gita Gopinath in settimana si è detta molto preoccupata per le prospettive dell’economia cinese in questo primo spicchio di 2023.

Ora è tutto bloccato e questo avrà ovviamente delle conseguenze sull’economia. Le fabbriche non riescono a stare dietro agli ordini perché hanno la gente malata e i container non partono. Ma questa situazione non durerà a lungo.

In che senso?

lo sento i miei amici cinesi e nonostante il virus – è un paradosso – sono ottimisti perché prima con il lockdown era tutto fermo, tre anni bloccati. C’era l’idea che la politica dello zero Covid non cambiasse mai, che il lockdown fosse eterno. Adesso almeno possono uscire.

Anche i mercati finanziari cinesi non mostrano pessimismo.

La cosa incredibile è che la Borsa è ripartita. Con la fine delle restrizioni Hong Kong e Shanghai hanno ripreso a marciare.

Ma la situazione sanitaria è fuori controllo.

Non c’è dubbio. Tuttavia le previsioni dicono che nel terzo trimestre tornerà la crescita. E quando la Cina ripartirà non sarà facile per l’Occidente: gas e petrolio il prossimo inverno torneranno a salire perché la domanda energetica cinese esploderà.

I vaccini cinesi non funzionano. Ma Pechino ha rifiutato l’offerta dell’Europa di inviare vaccini mRna. L’orgoglio nazionalista supera la salute pubblica…

La situazione è pazzesca. Ci sono i morti per strada. Le camere di cremazione sono in overbooking e i cadaveri restano in casa per giorni. I cinesi non solo non permettono di usare i vaccini mRna ma nean che di usare l’antivirale della Pfizer, il Paxlovid. C’è un mercato nero dei farmaci enorme in Cina.

Con la deglobalizzazione e poi con il Covid senza fine la Cina non è più la fabbrica del mondo.

Il Vietnam sta esplodendo. Fuori dall’Asia la deglobalizzazione sta cambiando gli equilibri. Pensi a cosa succede in Messico.

Per le tante aziende americane che preferiscono produrre lì?

Non solo. Ormai anche i cinesi preferiscono il Messico per produrre: il lavoro costa meno che in Cina ed evitano i problemi con le dogane americane. E vero che la Cina non è più la fabbrica del mondo come un tempo, ma questa tendenza nei dati macro economici cinesi non si vede ancora.

Come lo spiega?

Gli investimenti esteri in Cina sono in aumento. O meglio, sono in diminuzione rispetto al Pil ma non nei valori assoluti. Oltre ai difficili rapporti con gli Stati Uniti ci sono altri problemi in prospettiva.

Quali?

In Cina oggi si laureano tutti. Non ci sono più operai. Finora tutti i giovani laureati cinesi hanno trovato lavoro ma ora che le aziende tecnologiche hanno cominciato a non assumere più come un tempo si sta creando un problema per i giovani laureati. L’operaio è la professione più ricercata. Questo fa aumentare i costi della manodopera. La carenza di operai nei prossimi anni verrà acutizzata anche dalla demografia.

Nel tormentato capitolo dei rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Cina va registrata in settimana la nomina del nuovo ministro degli Esteri Qin Gang, l’ex ambasciatore cinese a Washington. C’è già stata una telefonata con il segretario di Stato Antony Blinken definita proficua da entrambe le parti.

Quando Qin Gang è stato a Washington gli americani non lo consideravano. Ora sembra che lui voglia mettere al centro della sua attività il riavvicinamento con gli Usa e l’atteggiamento è cambiato. Ma non credo durerà a lungo.

Perché?

Credo che il presidente Xi Jinping nel lungo periodo si prepari alla guerra. Ha un’ambizione sfrenata, vuole passare alla storia: lui vuole riportare a casa Taiwan.

La politica muscolare di Putin non sembra stia pagando. Cosa che dovrebbe far riflettere…

Solo l’incertezza sul fatto che possa perdere può fermare Xi.

Da che cosa dipende questa incertezza?

Da due fattori. Dal vantaggio scientifico che gli Stati Uniti hanno ancora nei confronti della Cina.

Secondo?

Dagli Usa che stringono l’alleanza con il Giappone sulla difesa. In settimana Biden riceverà alla Casa Bianca il premier giapponese Kishida. L’obiettivo principale della visita è rafforzare l’alleanza sul piano della difesa e della deterrenza nei confronti della Cina.

L’intervista di Riccardo Barlaam, pubblicata su Il Sole 24 Ore

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