La Cina di Xi Jinping
Il virus isolazionista in Cina ha iniziato a circolare con l’avvento al potere di Xi Jinping, quindi in largo anticipo su quello del Covid-19. Tuttavia l’effetto del primo è stato potenziato ed esacerbato dal secondo con la follia dei lockdown indiscriminati. Correva l’anno 2015 quando il vertice del Pcc varò il piano Made in China 2025, che delineava l’ambizioso percorso verso l’incontestata supremazia economica globale. Un esaltante obiettivo da coronare entro il 2049, centenario della vittoria maoista. All’epoca pochi in Occidente prestarono attenzione a quel piano. Poi, sull’onda della svolta protezionista di Trump e l’annuncio della guerra commerciale e tecnologica, la leadership cinese si convinse che il futuro economico della Cina non poteva fare più affidamento sulla crescita trainata dalle esportazioni e quindi sulla globalizzazione. L’implementazione del Made in China 2025 venne esplicitata da Xi Jinping in persona al Comitato permanente del Politburo il 14 maggio 2020 – in piena crisi pandemica – attraverso una bizzarra nozione: la “doppia circolazione”. L’economia cinese dovrebbe svilupparsi come due cerchi concentrici: la “circolazione esterna” legata all’economia globale, al commercio internazionale e magari ai movimenti di capitale, ma ancillare alla “circolazione interna”, cioè l’economia nazionale distaccata e avulsa dal resto del mondo. Sarebbe questo “cerchio autarchico” a imprimere l’impulso alla crescita, al benessere della popolazione, all’innovazione e a determinare l’allocazione del capitale secondo le direttive politiche. Non è arduo discernere in tale bislacco costrutto un’insopprimibile pulsione risalente alla Cina imperiale: lo splendido isolamento, venato di malcelato disprezzo verso le etnie diverse. Peccato che i mandarini rossi trascurino un elemento chiave: l’aspirazione all’autosufficienza determinò l’arretratezza tecnologica e la decadenza della Cina, fino a culminare nel “secolo di umiliazioni” (tra il 1850 e il 1950). Il periodo che Xi Jinping promette solennemente di riscattare, consacrando a tale riscatto la propria leadership. nonché il suo posto nella Storia. In analogia con Putin il quale invece scommette sul revanscismo delle aspirazioni imperiali zariste, rinverdite e sublimate dall’Unione Sovietica. La “strategia della doppia circolazione” è assurta a fulcro della pianificazione economica con la presentazione, a marzo zozz, del izes i mo Piano quinquennale. A essa è dedicato l’intero quarto capitolo, che fonde le politiche economiche interne e internazionali in un disegno unitario, mentre in precedenza i vari obiettivi economici risultavano frammentati e scoordinat i. In sostanza Xi li nping mira a ridurre il surplus di bilancia dei pagamenti e spingere la domanda interna allocando gli investimenti ai settori più avanzati. La doppia circolazione evoca l’immagine di un castello medioevale: le mura e le torri proteggono le componenti vitali del feudo e assicurano l’imperitura sussistenza. Un ponte levatoio consente di interagire con il mondo esterno (percepito come ostile o infido) se e quando serve, ma solo se non si ravvisano gravi minacce. La rigida chiusura della Cina in seguito al Covid, tuttora in vigore, è la prova generale. La dipendenza e i legami col cerchio esterno, in altre parole, possono essere modulati secondo convenienze e rescissi in caso di guerre, pandemie, cambiamenti strutturali, sfide protezionistiche. L’aspetto irrinunciabile della doppia circolazione, nella visione della corte di Xi Jinping, rimane l’autosufficienza attraverso l’innovazione tecnologica. La spinta propulsiva dell’economia cinese deve originare dal progresso scientifico autonomo, nei campi dove si gioca la partita della supremazia economica nel XXI secolo, quali l’intelligenza artificiale, i computer quantistici, le energie rinnovabili, la robotica, lo spazio. La Cina intende affrancarsi dalla dipendenza e dalle importazioni da Germania, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Stati Uniti, per poi sostituirli nei mercati mondiali. Quest’enfasi sulla ricerca suscita un’andreottianamente maliziosa considerazione. Per trent’anni la Cina ha sottratto o copiato know-how e tecnologie avanzate dall’Occidente con metodi più o meno leciti. Ma ora i Paesi avanzati hanno eretto barriere efficaci contro hackeraggi e spionaggio. E questo inasprimento ha coinciso con un rallentamento marcato della crescita cinese e l’umiliante fiasco planetario dei vaccini anti-Covid. Una vistosa vulnerabilità della doppia circolazione, infine, è la Belt and Road Initiative: doveva attirare gli emergenti in un rapporto di vassallaggio con la Cina, nel duplice ruolo di fornitori di commodity e consumatori di manufatti cinesi. Peccato che in molti suoi punti la seta si sia strappata sotto il peso dei debiti, che i vassalli hanno contratto per realizzare infrastrutture, ma non sono in grado di ripagare.
L’Articolo scritto a 4 mani da Alberto Forchielli e Fabio Scacciavillani pubblicato su Il Sole 24 Ore, 27 Ottobre 2022