La rivoluzione economica digitale (II parte)

I prossimi decenni di innovazioni e lotte sociali
 
Continuiamo dalla domanda che ha chiuso la prima parte: quale sarà il prossimo passo – che immaginiamo possa vivere il suo culmine intorno al 2040 – della rivoluzione economica digitale?
Semplice. L’intelligenza esterna, associativa. Intelligenza che non significa pensiero cosciente o ragionamento deduttivo ma la capacità di creare associazioni appropriate per poi agire di conseguenza. Come in natura quando la medusa utilizza una rete di sensori chimici per rilevare il cibo e questi innescano una rete di motoneuroni per avvolgere il cibo e digerirlo. E che, ancora, possono essere gli algoritmi intelligenti che aiutano un jet da combattimento a evitare una collisione.
Con la guida autonoma sarà uguale: auto che viaggiano su corsie speciali, in conversazione tra loro; e che dovranno conversare con il resto del traffico. Per una intelligenza auto-organizzante, colloquiale, sempre dinamica. Senza l’intervento umano. Ciaone!
Una intelligenza esterna, digitale, che risolve le richieste dell’economia fisica.
Brian Arthur vi scorge un parallelo sorprendente. Anche la rivoluzione della stampa del XV-XVI secolo prese informazioni contenute nei manoscritti dei monasteri e le rese disponibili pubblicamente. L’informazione, perciò, divenne esterna: dalla chiesa alla condivisione dei lettori laici. Per un risultato esplosivo di conoscenza e progresso, che ha generato il Rinascimento, la Riforma e l’avvento della scienza come la intendiamo ancora oggi.
L’intelligenza esterna cambierà anche il business grazie a nuove funzionalità di automatizzazione e fino a “robe” inimmaginabili. Come l’esempio che porta W. Brian Arthur di una società cinese di tecnologia finanziaria che ha sviluppato una app per telefonino in grado di prestare denaro durante lo shopping. Questa, rilevando la voce, riconosce la tua identità, poi interroga i tuoi conti bancari, la cronologia dei crediti e il profilo dei social media e altro ancora, per garantire una adeguata offerta di credito. Tutto in pochi secondi. E tipologie simili sono applicabili nei trasporti, nella sanità e nelle forze armate, dal controllo autonomo del traffico aereo alla diagnostica medica avanzata. Con una caratteristica non secondaria: le componenti dell’intelligenza esterna non possono essere facilmente possedute, perché tendono a scivolare nel pubblico dominio, con i dati che possono anche essere raccolti da fonti non proprietarie. Quindi vedremo sia grandi aziende tecnologiche che risorse indipendenti. E se le rivoluzioni tecnologiche del passato sono indicative, vedremo nascere industrie completamente nuove, come nuovi saranno anche alcuni settori.
E l’aspetto negativo? Facilmente intuibile. Ossia quello dell’occupazione. Se alcuni lavori svaniscono, altri – nuovi – li sostituiscono. La storia economica dice che funziona così, più o meno. L’automobile ha sbaragliato i fabbri ma ha creato una filiera pazzesca e piena di storie da raccontare: da Henry Ford a Lapo Elkann!!! Però è vero che complessivamente la tecnologia ha creato una disoccupazione a molte forme (dal part-time non voluto ai lavori a basso reddito). E non mi riferisco soltanto a quella attuale. Il termine “disoccupazione tecnologica” lo ha immaginato John Maynard Keynes nel 1930!
 
Segue e termina martedì 23 gennaio.
 
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