La Cina che verrà e l'Italia che non c'è più secondo Alberto Forchielli

Dopo 25 anni di sviluppo impetuoso e dopo una supervalutazione del mercato borsistico, il grande Paese asiatico è da questa estate alle prese con il primo crollo della Borsa. Cosa aspettarci ancora?

Una crescita più fiacca, ma ancora abbastanza forte per continuare a farci il culo. Nessuna illusione, non c’è nulla di buono per noi in fondo al tunnel. Il mercato cinese non ha ancora raggiunto il suo valore reale e “giusto”. Sarà un anno duro e non si è ancora toccato il fondo. Dopo la scorsa estate, questa volta mi sembra che il declino del mercato sia guidato da piccole istituzioni. Le grandi avevano concordato, per un periodo di 6 mesi, una restrizione nella vendita di titoli. Questa restrizione sta per scadere e le istituzioni di più piccole dimensioni stanno cercando di uscire dal mercato prima che i giganti forzino la loro uscita. In Cina l’effetto mandria è fortissimo: tutti hanno iniziato a comprare portando le azioni a livelli pazzeschi ed oggi se ne vedono le conseguenze. Da due anni i mercati stanno scontando il rallentamento della Cina, soprattutto nei paesi emergenti che esportano materie prime. Pechino sta cercando di riattivare i consumi interni aumentando i giorni non lavorativi e sostenendo i salari ma ormai anche il colosso asiatico comincia ad avvertire la scarsità di manodopera. Inoltre stanno sostenendo l’inurbamento nelle grandi città per sviluppare la crescita di una economia dei servizi che è in forte espansione: educazione, salute, intrattenimento, turismo. I paesi emergenti sono ora la Cambogia, il Vietnam (che sembra la Cina di 20 anni fa) e la Birmania, piena di risorse.

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Alberto Forchielli intervistato da Antonluca Cuoco per stradeonline.it

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