Interstellar. Un nemico chiamato Stato e Unione Europea.

Sembra il solito film di fantascienza, tra “Interstellar” e “ho visto cose che voi umani”, invece si tratta dell’ennesima (dolorosa) segnalazione da parte di un imprenditore sui paradossi della legislazione tricolore tra clamorosi dietro-front e meccanismi bizantini di cialtronesca dabbenaggine da parte italiana e, in questo caso, comunitaria, riguardante l’Intrastat sugli acquisti che prima viene eliminata e poi non più. Con il contrordine, frutto per l’appunto della mancanza di comunicazione e d’intenti tra Italia e UE – o tra intelligenza e idiozia –, che s’infila a velocità supersonica nella splendida tradizione della commedia all’italiana. Scopriamo insieme di cosa parliamo.
Innanzitutto l’Intrastat è un modello che serve per elencare all’Agenzia delle dogane acquisti, cessioni di beni mobili e servizi effettuati da parte di ogni soggetto titolare di Partita Iva nei confronti di fornitori e clienti anch’essi titolari di Partita Iva appartenenti a uno Stato dell’Unione Europea. Nel decreto “Milleproroghe 2017”, nell’ottica della semplificazione, l’Intrastat doveva essere limitato alle comunicazioni Iva delle cessioni di beni e prestazioni di servizi nell’UE. Di fatto, invece, durante la fase di conversione in Parlamento, l’Intrastat comprende ancora gli acquisti.
“L’Intrastat acquisti – spiega “Informazione Fiscale” – era stato abolito per effetto dell’entrata in vigore del Decreto Legge 193/2016 che, introducendo i nuovi obblighi Iva (comunicazione di fatture e liquidazioni), prevedeva la contemporanea abolizione della comunicazione Intrastat acquisti, oltre che quella di altri adempimenti. Si era detto: “non lamentiamoci dei nuovi adempimenti Iva: in fondo da una parte introducono nuovi adempimenti, dall’altra li tolgono”. Pare di no. O meglio, allo stato attuale il combinato disposto del Decreto Legge 193/2016 e dell’emendamento al Decreto Milleproroghe certamente rende la situazione degli adempimenti Iva quantomeno grottesca”.
Il perché – del grottesco – lo leggiamo nelle motivazioni dell’emendamento: “tali dichiarazioni, relative agli acquisti di beni e servizi da Paesi Membri dell’UE, sembrano però necessarie sia allo Stato che alle aziende: senza le dichiarazioni Intrastat, infatti, le verifiche dell’Agenzia delle dogane e della G.d.F. mirate alla lotta all’evasione saranno più difficili e i risultati sin qui conseguiti non saranno più tali… inoltre, l’occupazione si ridurrà di circa 10.000 unità. Si tratta di impiegati, tutti con contratto a tempo indeterminato, che in questo difficilissimo periodo economico ben difficilmente potranno trovare inserimento in altri settori, mentre le imprese saranno gravate di pesanti nuovi adempimenti: due nuove comunicazioni trimestrali relative a dati e fatture emesse e ricevute e alle liquidazioni periodiche Iva (in luogo delle annuali)”. E ancora: “si registreranno minori entrate tributarie a causa della riduzione del fatturato di chi cura il settore Intrastat (riduzione degli oneri Inps a causa dei numerosi licenziamenti), con i conseguenti costi sociali a carico dello Stato”.
A dire il vero, tutti aspetti che andavano valutati ben prima di fare una legge!
Soprattutto, però, l’aspetto più grottesco è il seguente: “non si è tenuto in debito conto che i 28 Paesi dell’Unione europea si sono dichiarati «pronti ai sistemi telematici comuni» solo a far data dal marzo del 2020, anno in cui, a partire dal 1º ottobre, sarà data piena attuazione al codice doganale comunitario”.
Quindi tutto ciò: “impegna il Governo […] a prorogare […] la soppressione dell’obbligo delle dichiarazioni Intrastat, almeno fino al 2020, ossia a decorrere dalla piena entrata in vigore del codice comunale doganale comunitario”.
In poche parole avevano fatto una legge senza tener conto che i sistemi telematici fiscali comunitari saranno pronti soltanto nel 2020.
 
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