Il DNA è il nuovo magazzino dell’umanità (I parte)

 
Scenari inimmaginabili grazie al codice fiscale degli esseri viventi
 
Fate finta di saperlo. Come scrive Wikipedia, “l’acido desossiribonucleico o deossiribonucleico (in sigla DNA, dall’inglese DeoxyriboNucleic Acid) è un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine, molecole indispensabili per lo sviluppo e il corretto funzionamento della maggior parte degli organismi viventi”. In sintesi – mi spiega la biologa Elena Forchielli (sì, la figlia di cotanto padre!), che però me lo spiega come se lo spiegasse a un bimbo di 4 anni –, il DNA funziona come il leggendario gioco dei Lego. Con 4 “mattoncini” a base di carbonio, idrogeno, azoto e ossigeno, si generano i geni di praticamente tutto ciò che vive sul pianeta, dai batteri alle balene, dagli umani agli juventini (scherzo, gli juventini no!).
In pratica il DNA è un codice fiscale. Quindi informazioni uniche. Quindi, con la tecnologia adeguata, qualcosa di riproducibile. Per esempio abbiamo già visto a suo tempo che ad Harvard – sotto la guida del super-genetista George Church – utilizzando il DNA hanno archiviato l’immagine di una mano e l’animazione di un cavallo in movimento – come citazione del celeberrimo esperimento fotografico “Human and Animal Locomotion” di Eadweard Muybridge del 1878. Per poi recuperare l’immagine e la sequenza animata dal genoma con un’accuratezza del 90%.
Ma noi viviamo nell’epoca dei big data, con una produzione di informazioni digitali superiore a quella che possiamo memorizzare. Nel 2017, solo negli Stati Uniti, sono stati spesi 20 miliardi di dollari per la realizzazione di nuovi data center, che però non bastano. Come analizza il futurologo Peter Diamandis, la dimensione della sfera di dati globale aumenta in modo esponenziale, con la previsione di raggiungere 160 zettabyte – 160 trilioni di gigabyte – entro il 2025. Con cifre pazzesche. Dal 2016, infatti, gli utenti digitali hanno prodotto oltre 44 miliardi di gigabyte di dati al giorno! E nel 2025, l’International Data Corporation (IDC) stima che questa somma supererà i 460 miliardi! Con la variabile non secondaria (anzi) del silicio, componente indispensabile per l’archiviazione attuale, difficile da trovare puro in natura e che a questi ritmi si esaurirà entro il 2040.
Detto ciò, qual è l’alternativa per l’archiviazione dei dati?
Semplice. Il nostro DNA! Che sembra poter contenere 215 milioni di gigabyte di dati in un singolo grammo di DNA. In questo senso Microsoft Research e l’Università di Washington – che ha memorizzato e recuperato senza errori oltre 400 megabyte di dati nel DNA – stanno spingendo l’acceleratore. Anche perché il DNA codificato per i dati – mantenuto nelle condizioni ideali – può durare diecimila anni. Ed è replicabile. Ecco che perciò è stato identificato come la soluzione ideale per i backup del futuro.
 
Segue e termina sabato 28 aprile
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