Il bene migliore o il male minore? Una scelta difficile per Nord Africa e Medio Oriente

In ogni scelta  c’è sempre un elemento lacerante . Scegliere , decidere fra le due o più ipotesi che si prospettano , significa infatti non soltanto optare per tutto ciò che prevede la soluzione adottata ma anche rinunciare in un colpo solo a tutto ciò che le altre avrebbero comportato , in bene ed in male. Ogni scelta presenta infatti un lato luminoso , quello del vantaggio che si percepirà,  ed uno oscuro , quello delle difficoltà o degli svantaggi cui occorrerà far fronte.

Scegliere diviene poi ancora più difficile allorché bisogna anche decidere quale sarà il criterio guida in base a cui si effettuerà la scelta . Se cioè si dovrà scegliere fra tutto ciò che è bene quanto appare come “il bene maggiore” , oppure selezionare fra ciò che è male quello che ci sembra essere “il male minore”.

Nei rapporti interpersonali fra esseri umani esiste nella realtà un certo equilibrio fra il primo ed il secondo tipo di scelta. In quello tra Stati invece è generalmente il secondo a prevalere  , con l’eccezione di quei rarissimi momenti in cui sembra che la Storia , quella con la esse veramente maiuscola , “si illumini di immenso”.

Non stiamo vivendo in ogni caso certamente un periodo di quel tipo , specie nella nostra area dell’Europa del sud che è giusto al margine di una vastissima zona islamica rovinosamente scossa da anni dai terribili sussulti di una religione che non riesce ad essere al passo coi tempi e di tempi incapaci di  accettare un credo immutabilmente fermo in tutti i suoi aspetti alla purezza delle origini. Vale a dire alla barbarie del settimo secolo dopo Cristo.

In simili condizioni il criterio da adottare nella scelta si presenta quindi del tutto privo di alternative . Non è infatti certamente sulla base del “bene migliore ” che possiamo scegliere. L’unica opzione che ci si offre ora e’ invece quella fra il compiere una scelta basata sul criterio del “male minore ” , che comunque perlomeno ci consentirà di incidere in qualche maniera sull’andamento degli eventi, o rifugiarci in quel rifiuto di scegliere che in fondo rimane sempre anch’esso una scelta e che ci abbandonerebbe in balia di decisioni a noi del tutto estranee.

E’ pur vero che almeno per un attimo ci siamo illusi che la situazione fosse tanto differente da permettere ai nostri paesi di adottare quel criterio del “bene migliore ” che spesso qualifica la scelta come scelta di apertura e di speranza. L’ondata delle “Primavere arabe ” ci aveva infatti tratto in inganno sulla esistenza di una possibilità pressoché immediata di una evoluzione del mondo nord africano e medio orientale che fosse in linea con i nostri valori e le nostre speranze.

Abbiamo così aperto i nostri cuori , rinnegando rapidamente tutte le politiche di appoggio ad “uomini forti” delle altre sponde mediterranee  che tutto sommato ci avevano servito adeguatamente nel corso degli ultimi decenni , ma di cui probabilmente ci vergognavamo nel nostro foro interiore.

Esaltati dalla lotta apparentemente vittoriosa dei giovani occidentalizzati tunisini e di quelli egiziani di Piazza del Tahrir ci siamo dimenticati come ciò stesse avvenendo in paesi ove erano sempre in agguato forze che apprezzavano la democrazia solo in quanto essa permetteva loro di accedere al potere . Una premessa che era indispensabile per potere poi immediatamente cancellare la democrazia che li aveva portati al vertice , instaurando tra l’altro regimi di durezza sanguinaria tale da far apparire come educandati le dittature dei vari “uomini forti ” che erano stati gli amici di un tempo e noi aiutavamo a sostituire.

Nei loro confronti , compiendo quella che nel clima entusiastico generato dalle Primavere  sembrava la scelta del “bene migliore” , abbiamo peccato in tutti i modi possibili . Cioè attraverso ” pensieri, azioni , opere ed omissioni….” , come insegna in una precisa elencazione che è un catalogo dei peccati nostra Santa Madre Chiesa.

Non abbiamo sostenuto Ben Ali in Tunisia , abbiamo abbandonato Mubarak in Egitto non appena la situazione si è fatta seria , abbiamo chiuso entrambi gli occhi per non vedere che almeno all’inizio la rivolta contro Assad in Siria non era spontanea ma attizzata dalle medie potenze sunnite dell’area.

Peggio di tutti abbiamo trattato il Colonnello Gheddafi , nonostante le ripetute promesse che gli avevamo fatte pochissimi anni prima per indurlo a rinunciare ai suoi tentativi di dotarsi di armi chimiche e nucleari. Oltre a sostenere direttamente quei ribelli libici che senza il nostro appoggio di fuoco non avrebbero mai trionfato gli abbiamo addirittura scatenato contro l’Alleanza Atlantica , perseverando nell’azione non sino alla sua sconfitta ma addirittura sino alla sua uccisione , che avvenne allorché la sua sconfitta era già da tempo dato acquisito.

I risultati di questi nostri errori sono adesso sotto gli occhi di tutti. Iraq e Siria in preda a sanguinose guerre civili  , con un bilancio di rovine e lutti già estremamente elevato e che continua a crescere , giorno dopo giorno. La Libia in pratica spezzata in due Stati rivali che si combattono fra loro mentre l’ISIS , terzo incomodo  , prospera nella anarchia generalizzata di una guerra per bande. La Tunisia sempre più in bilico , e di quello che li’ potrebbe succedere costituisce dato indicativo il fatto che essa sia divenuto lo stato che fornisce il maggior numero di reclute al terrorismo islamico. L’Egitto in cui gli attentati attizzano la repressione e la repressione gli attentati ,  in un ciclo a spirale che si fa sempre più pesante. Sunniti e sciiti che si combattono a Sanaa mentre Al Qaida approfitta del caos che ha fatto seguito all’intervento saudita per impadronirsi di una fetta non indifferente del territorio dello Yemen . Il  Bahrein che vacilla ….è via di questo passo.

Non si può proprio dire che quella scelta finalizzata al criterio del “bene migliore” , che ci aveva all’inizio fatti sentire in pace con le nostre coscienze , abbia dato alla lunga risultati di cui possiamo essere orgogliosi . Forse mai come in questo caso , invece , è stato vero il detto secondo cui “la via dell’Inferno è sempre lastricata di buone intenzioni”.

Chiaramente a questo punto tutto e’ da ricostruire. Occorre portare la pace dove ora e’ la guerra , la sicurezza ove adesso regna l’instabilità .  Bisogna muoversi , agire , rischiare , ricostruire . Ci si deve prodigare con sereno e misurato realismo , evitando errori , seguendo una politica estremamente modesta , dei piccoli passi e capace anche di accettare dolorosi compromessi qualora ciò si riveli indispensabile.

Dio ci scampi quindi , almeno in queste circostanze , da quelle anime nobili che pretenderanno a voce alta e ad ogni piè sospinto che vengano effettuate scelte ispirate unicamente al “bene migliore” , molto nobili certo ma che nel novantanove per cento dei casi , ed in situazioni come quella in cui ora tutti noi ci dibattiamo  , risulterebbero  o irrealizzabili o foriere di ulteriori disastri .

A tutte loro forse e’ bene ricordare la saggezza del Cardinale Biffi che una ventina di anni fa definì il pacifismo come ” la visione profetica ” della Chiesa . Profetica , cioè finalizzata su un futuro lontano . Che verrà di sicuro , o almeno così ci auguriamo ,  ma chissà quando .

Nel frattempo la realtà’ del presente rimane  cosa molto diversa , imponendoci sino a prova contraria scelte basate unicamente sul criterio del “male minore” !

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