E se per caso vincesse Haftar ?

La recente riunione in cui Obama , Merkel , Cameron ,  Hollande e Renzi si sono ritrovati a discutere intorno ad un tavolo la situazione ed i futuri assetti del Mediterraneo , ed in particolare della  sua sponda Sud è stata , almeno in apparenza , un grande successo della nostra politica e diplomazia.

Innanzitutto perché la riunione era importante , ad altissimo livello , e noi c’eravamo , al contrario di quanto è avvenuto altre volte allorché l’Italia è rimasta fuori dalla porta , a fare il primo degli esclusi  benché le questioni trattate fossero di grande interesse per il suo futuro.

Poi perché , su sollecitazione iniziale del Presidente Obama , tutti hanno concordato sul fatto che attualmente alla crisi che scuote il mondo islamico in generale e quello arabo in particolare mantenendo nel Sud Est mediterraneo il proprio epicentro , debba essere attribuito il medesimo alto livello di importanza  di cui avevano sino ad ora goduto unicamente la crisi ucraina ed i rapporti Nato/Russia nel Nord Est europeo.

Una tesi che noi italiani sostenevamo da parecchio , continuando però a rimanere la ” vox clamans in deserto ” , sopraffatti come eravamo dalle paure per buona parte ingiustificate dei paesi baltici e di quelli ex comunisti della Mitteleuropa.

Infine perché , passando su un piano più pratico , si è iniziato ad esaminare la possibilità di unificare le due azioni navali Nato in atto nel Mar Mediterraneo , estendendole all’intero bacino e modificandone la natura in maniera tale che anche l’Alleanza Atlantica possa contribuire al contenimento della crescente marea di profughi diretti verso l’Europa in partenza dalla Libia . L’ipotesi è risultata  estremamente gradita all’Italia che , dopo la chiusura della rotta balcanica e

nel moltiplicarsi di muri e divieti alle sue frontiere , teme ora di dover restare più o meno da sola a fronteggiare un esodo africano ormai di portata biblica.

A corollario di tutto questo si è poi parlato della crisi libica , ribadendo un appoggio al Governo Sarraj che è risultato apparentemente corale , plaudendo alla decisione delle Nazioni Unite di dislocare permanentemente a Tripoli il proprio inviato speciale , il tedesco Kobler , e deplorando il fatto che il  Parlamento di Tobruk ritardi e recalcitri nel fornire pieno supporto al Premier del Governo di Unità Nazionale designato . Si è ribadito infine , in chiusura , il ruolo di leadership da tempo verbalmente assegnato all’Italia per ogni eventuale azione a sostegno di Sarraj e della stabilizzazione del paese.

Tutto bene , quindi? Si , almeno sulla carta e posto che si accettino senza verifica alcuna le numerose dichiarazioni ufficiali . Se invece si prova un attimo ad approfondire , ci si accorge di come in realtà il “Tutto va bene ” rischi di trasformarsi rapidamente nel classico “Tutto va ben , Madama la Marchesa!” . Un detto  in cui una locuzione inizialmente positiva finisce col divenire , allorché la visione si fa chiara , qualcosa che maschera una realtà negativa ben diversa.

Non tutti infatti desiderano realmente che la Libia possa recuperare in breve l’unità perduta  , identificando come propria la soluzione per cui lavorano le Nazioni Unite , per cui l’Italia si sta spendendo con grande coerenza politica e che da tempo anche gli Stati Uniti hanno finito col fare anch’essi propria , sia pure dopo qualche esitazione.

Molti continuano invece a puntare su una altra delle possibili ipotesi , vale a dire quella di una Cirenaica e di una Tripolitania che assurgano ciascuna ad indipendente dignità nazionale , sancendo così la fine definitiva di quello stato libico che noi avevamo creato nel 1911 e che i Senussi prima e Gheddafi poi erano riusciti a preservare fino a tempi recenti , con un difficile gioco di equilibri religiosi e tribali .

Al più alto livello questa è una soluzione che non dispiacerebbe affatto ne’ alla Francia ne’ alla Gran Bretagna , che per ragioni diverse non hanno mai completamente accettato prima la presenza dell’Italia in Libia , poi l’influenza politica che esercitavamo nell’area .

In questa epoca di rinazionalizzazione delle politiche estere delle medie potenze europee , ed in particolare di quelle che ancora rimasticano frusti brandelli di politiche imperiali in terra africana , sembra quasi per molti aspetti di essere ritornati ai tempi andati. Tempi in cui la Gran Bretagna contrabbandava dal Cairo armi per i ribelli di Omar Ben Moktar o l’epoca , successiva al secondo conflitto mondiale , in cui il Generale Leclerc, il carismatico chef de guerre della Francia Libera , tramava  per sottrarre  il Fezzan alla Libia a beneficio del Ciad. Un tentativo in cui fini’ col perdere la vita in un incidente aereo molto simile a quello che privo’ noi italiani di Mattei. Ed anche li c’era il petrolio di mezzo!Pur sedendosi al tavolo di Hannover e non osando contrastare ufficialmente la linea favorevole al mantenimento dell’unità del paese – e quindi gli Usa , schierati in tal senso ! – Londra e Parigi stanno infatti da tempo sostenendo con vigore ed efficacia il Generale Haftar ed il suo  Parlamento di Tobruk che esercitano in questo momento una sovranità di fatto su più di un terzo del paese e si stanno progressivamente evidenziando come il maggiore ostacolo politico sulla strada dell’unità libica.

Nel far questo le medie potenze europee si associano a quella parte del mondo arabo , in particolare Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti , che sostiene l’Egitto nel suo tentativo di crearsi uno stato satellite in una Cirenaica ricca di petrolio e destinata , al termine della traiettoria , ad essere controllata da Haftar e dai suoi pretoriani per conto del Cairo .

Truppe speciali ed istruttori francesi ed inglesi sono così presenti da tempo in questa parte del martoriato paese , mentre il Generale di Tobruk riceve un ininterrotto flusso di armamenti che dovrebbe , almeno nelle intenzioni dei suoi sponsors , metterlo presto in condizioni di poter marciare verso le roccaforti del’ISIS e soprattutto di acquisire saldamente il controllo della cosiddetta “mezzaluna petrolifera”.

A ben guardare quindi la politica franco/inglese appare chiaramente come la lineare continuazione dell’azione iniziata allorché i due paesi attaccarono Gheddafi , mascherando sotto giustificazioni di carattere umanitario la loro ambizione di giocare un ruolo predominante nel futuro del paese ….e forse , perlomeno nel caso della Francia , anche preoccupazioni di altro tipo!

Se li si lascia fare , ed è quanto sta ora avvenendo , la Libia appare quindi destinata a cessare di esistere come stato andando incontro ad una spartizione . Si tratta di una soluzione che non è certo nell’interesse di un paese che ha vissuto unito per più di cento anni  – cioè per fare un esempio più o meno quanto la Finlandia e molto , molto di più di quanto sia successo ai baltici nel corso della loro intera storia! – e che quindi ha avuto tutto il tempo necessario per sviluppare e fare propria  quella identità nazionale che in effetti ivi esiste ma che alcuni , per motivi interessati , stentano a riconoscere appieno.

Oltre a danneggiare la Libia una soluzione del contenzioso che non sia quella unitaria , finirebbe poi col danneggiare anche noi , che figureremmo come il primo dei perdenti in ambito internazionale. Da un lato per il modo in cui ci siamo spesi in favore di una riconciliazione nazionale e , almeno in questi ultimi tempi , anche del governo Sarraj . Giungendo addirittura ad accettare ufficialmente quel ruolo guida per l’eventuale ricostruzione del paese che gli altri ci offrivano , magari  con generosità molto pelosa.

Dall’altro lato per una perdita rovinosa di influenza , che ci vedrebbe totalmente esclusi dalla Cirenaica e ridotti ad una presenza difficile in una Tripolitania molto frazionata e con i confini ancora tutti da definire , soprattutto se Haftar avrà successo nell’impadronirsi dei territori attualmente controllati dall’ISIS.

Sun Tzu scrive che un buon generale e’ quello che non combatte mai le battaglie perse in partenza e certo l’Italia non può schierarsi apertamente e da sola contro Francia , Gran Bretagna e la metà che più conta del mondo arabo.

Passando da Sun Tzu a Macchiavelli , non e’ quindi certamente il momento di farsi lupi ma piuttosto quello di farsi volpi , adottando una strategia in un certo senso simile a quella che scegliemmo allorché Gheddafi venne attaccato. Allora ci unimmo alla guerra ma nel fare ciò coinvolgemmo la Nato , internazionalizzando in tal modo al massimo il conflitto , coinvolgendo direttamente gli Stati Uniti e distruggendo quindi tutte le speranze di gestione autonoma della operazione e dei suoi esiti che potessero all’epoca nutrire Londra e Parigi.

Adesso siamo più o meno nelle medesime condizioni , ed una riedizione efficace della stessa tattica appare per lo meno possibile , sia pure con molti punti interrogativi .

Gli Stati Uniti non amano l’idea di una spartizione della Libia.Il Presidente Obama ha chiaramente preso posizione a riguardo e c’ è da sperare che il suo successore , chiunque ella sia , non decida di intraprendere una strada diversa nei primi mesi del suo mandato.

La Merkel è anch’essa del medesimo parere , e per di più la Germania si sta impegnando in prima persona in Libia attraverso la mediazione del diplomatico , il tedesco Kobler , che rappresenta le Nazioni Unite nell’area   . La divisione in due del paese danneggerebbe quindi anche Berlino sul piano della immagine, non soltanto l’Italia.  E ‘ un lusso che la Cancelliera , in calo di consensi , non si può assolutamente permettere.

Ci sono poi le Nazioni Unite , che certo non desiderano né di veder fallire il proprio tentativo di mediazione fra Tripoli e Tobruk , né di assistere alla violazione di quel vero e proprio tabù onusiano per cui occorre sempre fare di tutto per evitare che le frontiere cambino. In tale ambito un ruolo di particolare efficacia potrebbe essere giocato dalla tradizionale riluttanza della Cina ad accettare con rapidità cambiamenti di confini provocati dalla forza delle armi e non legittimati da una successiva verifica della effettiva volontà delle popolazioni.

Abbiamo quindi ancora parecchio spazio per muoverci ed agire , ma dobbiamo farlo in fretta poiché è in fretta che gli altri si muovono. Dalla settimana scorsa le notizie in merito si accavallano : Haftar ha deciso di attaccare Sirte , la roccaforte dell’ISIS in Libia , le sue forze hanno ricevuto più di mille pick-up blindati pagati dagli alleati della penisola arabica , una petroliera ha caricato illegalmente greggio a Bengasi partendo poi per gli Emirati Arabi Uniti….e via di questo passo , in un quadro di continua , accelerata evoluzione.

Per essere efficaci dobbiamo poi muoverci in tutti i campi , tranne forse che in quello militare in cui resta doverosa la stessa grande prudenza cui ci siamo ispirati sino ad ora , tenendoci pronti ma attendendo di poter verificare che esistano su terreno tutte le condizioni indispensabili per rendere sicuramente produttivo un nostro intervento di quel tipo.

Sarebbe veramente il momento dell’Unione Europea , che almeno in teoria disporrebbe di tutti gli strumenti necessari  per condurre un operazione così multiforme . Tutti tranne uno : quella politica estera e di sicurezza comune di cui sempre più si sente la mancanza e la cui assenza permette lo scatenarsi del revival di nostalgie di potenza ottocentesche cui assistiamo in questo momento in Libia e che probabilmente ,  magari  in altri cieli ed in occasioni diverse , continuerà ad inquinare i nostri orizzonti anche negli anni a venire !

già pubblicato su Affari Internazionali on line

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