Diario – Alfonso Giuliana classe 1917 Sergente Maggiore Divisione Ravenna – Parte III

Marco Sorrenti mi ha invitato a pubblicare il diario di mio padre Sergente Maggiore che ha combattuto in Russia con la Divisione Ravenna.
Il diario scritto su un quadernetto cartonato che ho ritrovato in pessimo stato nella cantina dentro a una cassetta di legno insieme al tesserino militare, a una fodera da cappotto in pelle di pecora e a una croce di bronzo.
Il diario inizia il 10 dicembre del 1942 e termina il 6 ottobre 1943, molte pagine scritte a matita risultano illeggibili per l’umidità che le ha cancellate, per altre ho dovuto fare una certosina opera di ricostruzione, comunque quello che ne esce è la storia di una generazione che ha perduto la sua giovinezza per colpa della guerra……..Romano Giuliana
 
Parte III  –   Diario – Alfonso Giuliana classe 1917 Sergente Maggiore Divisione Ravenna
10 gennaio 1943 la speranza
Il tenente mi chiama a rapporto, mi ordina di cercare tutti i mezzi che possono trasportare i feriti, i tedeschi stanno preparando un’offensiva per rompere l’accerchiamento e dobbiamo essere pronti in ogni momento, faccio notare al tenente che abbiamo solo due automezzi e bisognerà come il solito arrangiarci con slitte e carretti. Torno all’ospedale, e cerco di parlare con qualcuno per capire quanti feriti dovremo caricare, in mezzo a una baraonda indescrivibile, alla fine, trovo un capitano medico, le stime sono a dir poco sconfortanti, i feriti sono più di tremila e almeno mille non sono in grado di camminare, insieme a uomini della Torino e della Pasubio decidiamo di dividerci il compito della ricerca, sappiamo che i tedeschi non muoveranno un dito per aiutarci, ci aiutano invece i civili, che con grande generosità, ci danno tutto quello che possono, molte slitte da trainare a mano, alcune slitte a carro e una decina di cavalli da tiro.
14 gennaio 1943 fine dell’illusione
Il contrattacco tedesco non ha portato l’effetto sperato, via radio hanno comunicato di prepararsi a combattere per aprire la strada del ritorno, portiamo i due autocarri all’ospedale, anche con l’aiuto dei civili, sistemiamo le slitte, la partenza è prevista per domani, ma i mezzi che siamo riusciti a trovare non basteranno per tutti, i feriti che riescono a stare in piedi cammineranno nella colonna, gli intrasportabili rimarranno in attesa dei russi nell’ospedale ,insieme a un ufficiale medico e a un cappellano che si è offerto di rimanere, perché, spera che il suo stato sacerdotale gli conceda di intercedere con il nemico, i feriti più gravi, ma ancora con qualche speranza, verranno sistemati, per quanto possibile, sui due automezzi, gli altri saliranno sulle slitte , in tutto riusciremo a trasportare solo poche centinaia di uomini, la consapevolezza dell’abbandono di tutti quelli che non possono farcela, è qualcosa di indescrivibile, tra loro, tanti amici con i quali ho condiviso ogni attimo del mio tempo, e che adesso lascio in balia del destino, svuoto le mie tasche, raccolgo insieme agli altri le poche sigarette che ci rimangono, qualche galletta e un po’ di pessimo arzente, consegniamo tutto al cappellano, perché ne faccia buon uso, non è molto, ma di più non possiamo
15-16 gennaio 1943 ci ritiriamo combattendo
Sono le venti quando la colonna inizia a muovere, in testa i tedeschi della 298 ma divisione, noi italiani, in retroguardia appoggiati da alcuni carri armati tedeschi, fa freddo e il vento gelido mi trafigge il viso, Lucifero affonda le zampe nella neve e mi cammina a fianco, quando vede che rallento, rallenta, mi guarda, poi, spinge la mia gamba sinistra con il muso, quasi a farmi forza, lo guardo e riprendo l’andatura, ogni tanto qualcuno lascia la colonna, so che per lui è la fine, ma non c’è tempo di aspettare, ognuno di noi, si illude che chi viene dopo riesca ad aiutarlo, i feriti sulle slitte trascinati a braccia si lamentano, quando il lamento si interrompe nel sonno della morte, la slitta, come fosse un sarcofago, viene abbandonata ai lati della colonna, quelli che riescono ancora a tenersi in piedi sono sempre meno, non hanno più neanche la forza di lamentarsi e c’è chi cade nella neve insieme a chi lo sorregge, chi segue li scansa, nessuno li guarda . I tedeschi in testa si scontrano con il nemico, la forza della disperazione è tanta, tanta che i russi sorpresi lasciano aperto un varco, camminiamo ancora, adesso anche la retroguardia è impegnata al fuoco nemico, si fa l’alba, andiamo avanti ininterrottamente da nove ore, nove ore tra il gelo e la neve che ci arriva ai polpacci , la testa della colonna, in vista di un villaggio, inizia nuovamente a combattere, lo scontro è violento, gli aerei tedeschi,venuti a darci una mano, mitragliano a bassa quota i russi che attaccano sostenuti da molti carri armati, è l’inferno, lo scontro dura tutta la mattina e il pomeriggio arriva l’ordine di deviare il percorso, aggiriamo Strelzovka e puntiamo verso Belovodsk , andiamo ancora avanti, fino a quando l’eco degli spari cessa, e tutto ritorna avvolto dal vento gelido e dalla neve che cade senza sosta.
17 gennaio 1943 la salvezza
E’ ancora notte quando entriamo a Belovodsk, c’è un grande caos, soldati dappertutto, ai feriti vengono prestati i primi soccorsi, la Ravenna ormai non esiste più, siamo solo pochi uomini scampati chissà come, chiedo a un tedesco da fumare, è stranamente cordiale e parla la mia lingua, mi racconta di aver studiato per due anni architettura a Firenze, mi dice che alla fine della guerra vuole ritornare in Italia e magari trovare per moglie una bella italiana, altri soldati si uniscono a noi, un fiorentino da una pacca sulla spalla del tedesco e parla come solo i fiorentini sanno fare della sua città, la guerra che ci circonda sparisce per un attimo, un ufficiale uscito dall’edificio comando si avvicina e chiede un momento d’attenzione, nel giro di alcuni giorni saremo tutti trasferiti nelle retrovie, intanto verrà distribuito un rancio caldo, per tutto il giorno continuano ad arrivare a piccoli gruppi soldati della Pasubio e della Torino mentre inizia il trasporto dei feriti negli ospedali.
20 gennaio 1943 Kupjansk, la guerra è lontana
Arrivato a Kupjansk, ritrovo le piccole cose che credevo di aver dimenticato, lavarsi con il sapone, avere una divisa asciutta, un letto e un ambiente caldo dove riposare, la commissione medica che mi visita riscontra buone condizioni fisiche ma raccomanda il riposo, un modo molto diplomatico per mitigare una realtà che mi accomuna con gli altri miei compagni, al peso risulto quaranta chilogrammi scarsi, alla partenza dall’Italia ne pesavo settanta, ora guardandomi allo specchio stento a riconoscermi, ma almeno sono vivo, penso a tutti quelli che non ce l’hanno fatta e mi vergogno di non essere con loro, un sergente dei bersaglieri, con una vistosa benda sull’occhio sinistro, mio vicino di branda, cerca di rialzarmi il morale, “animo, presto torneremo a casa, siamo l’esercito degli sconfitti, non ci saranno onori per noi e cercheranno di dimenticarci in fretta, ma almeno saremo tornati”.
1 settembre 1943 Alessandria deposito divisionale Ravenna
Eccomi nuovamente ad Alessandria, da qui ero partito per la Russia e qui sono tornato, è come fosse ieri quando inquadrati davanti alla stazione ci preparavamo a partite, sembrava quasi che non andassimo alla guerra, la banda suonava, tutte le autorità civili, podestà in testa e il popolo festoso, salutavano i ragazzi votati alla morte in nome della grandezza d’Italia, quanti di quei ragazzi dal sorriso raggiante non sarebbero più tornati : Carlo,Antonio,Giuseppe, Mario, Rosario,Primo, Giovanni, Paolo, Gavino, quel giorno eravamo presi da una strana eccitazione, la guerra sembrava lontana quasi che non avesse neanche il tempo di sfiorarci.
2 settembre 1943 la guerra continua
La guerra dopo le false illusioni di luglio, continua, le notizie che arrivano dal fronte non sono buone anche se i giornali minimizzano cercando di trasmettere un clima di ipocrita ottimismo, in città si inizia a parlare di una resa imminente e di come si dovranno fare i conti prima o poi con i tedeschi.
3 settembre 1943 Cantare
L’alto comando ha trasmesso una circolare che raccomanda di far cantare i soldati in marcia , il canto serve a tenere alto il morale della truppa, la circolare non dice cosa si debba cantare e i comandanti di compagnia hanno riesumato tutto il repertorio della guerra passata tralasciando tutte quelle canzoni che in qualche modo potrebbero urtare la suscettibilità dell’alleato germanico.
4 settembre 1943 tutto tace
Una calma insolita regna nella caserma gli ufficiali superiori sembrano aver fiutato qualcosa, un carico di patate, non molte per la verità, è arrivato stamattina, almeno per qualche giorno si mangia, il colonnello ha impartito l’ordine di inventariare tutto il casermaggio e le scorte di carburante.
5 settembre 1943 esercitazione
Davanti alla caserma è stata simulata la difesa per un attacco in forze del nemico, si combatte in Calabria , tutti pensano che la guerra finirà prima che il nemico arrivi fin quassù, ma io ho uno strano presentimento , forse la guerra durerà ancora a lungo, dello stesso parere è il capitano.
6 settembre 1943 i civili
I civili sempre più numerosi si presentano alla porta carraia, chi chiede qualcosa da mangiare, chi qualche vecchia coperta, il colonnello è stato molto chiaro:”Nulla deve uscire dalla caserma”, noi cerchiamo per quanto possibile di fare qualcosa, dalla cucina al tramonto facciamo uscire gli avanzi, non è molto ma è pur sempre qualcosa.
7 settembre 1943 ore 10
Il capitano mi ha chiamato a rapporto, gli uomini vanno tutti allertati, licenze e libera uscita sono sospesi fino a nuovo ordine.
8 settembre 1943 ore 19,42 si salvi chi può
La radio trasmette il messaggio alla nazione del Maresciallo Badoglio che comunica l’armistizio.
Una grande euforia invade la caserma, qualche ufficiale cerca di frenare l’entusiasmo, non ci sono ordini precisi e ora si teme la reazione tedesca, alla fine si decide di scegliere ognuno la strada da seguire, i più lasciano la caserma per cercare di tornare a casa, qualcuno si intestardisce sulla necessità di rimanere per aspettare nuovi ordini, altri come me e dieci miei compagni cerchiamo di mettere in salvo le armi e decidiamo di caricarle su un autocarro per andare a seppellirle il più lontano possibile poi cercheremo di nasconderci in attesa che qualcosa accada.
9 settembre 1943 mattina la reazione dei tedeschi
L’ultimo messaggio radio che ascoltiamo prima di partire è la notizia che i tedeschi stanno passando in massa la frontiera italiana per occupare il paese.
10 settembre 1943 sbandati
Troviamo rifugio in un cascinale abbandonato fuori mano dalla strada principale, ci sembra il posto ideale per occultare le armi e trovare riparo, scaviamo tutto il giorno delle grandi buche dove nascondere armi e munizioni, cala la sera siamo stanchi morti, mangiamo qualcosa stando molto attenti a non accendere il fuoco che potrebbe segnalare la nostra presenza, quando ci siamo sistemati alla meglio per la notte sentiamo degli strani rumori, decisi a vendere cara la pelle ci nascondiamo alla meglio cercando di rimanere immobili nel più assoluto silenzio, “c’è qualcuno?” Grida una voce dietro a una lanterna .
11 settembre 1943 Giustizia e Libertà
L’uomo della lanterna è un partigiano che milita in Giustizia e Libertà, abbiamo parlato a lungo sui destini d’Italia, noi che veniamo dall’esercito non riusciamo ad avere una collocazione politica, quello che ci interessa adesso non è l’ideologia, ma continuare a servire un paese dove non esiste più un governo e dove il nostro giuramento al re non ha più senso, decidiamo di aiutare i partigiani fornendo loro armi per combattere i tedeschi.
12 settembre 1943 allarmi siam fascisti
Io e Gino torniamo ad Alessandria, tutto sembra tranquillo, la prima cosa che notiamo sono alcuni uomini in camicia nera, i fascisti che dopo il 25 luglio erano spariti, quasi che il fascismo non ci fosse mai stato, ora si stanno riorganizzando, mentre ci avviamo verso via Mazzini ci viene incontro una motocarrozzetta che precede un autocarro pieno di soldati, chiniamo il capo e ci accostiamo il più possibile alla parete di un palazzo, è incredibile ma i tedeschi sono già arrivati.
13 settembre 1943 radio Londra
Ascolto per la prima volta radio Londra, la voce del colonnello Stevens arriva gracchiante sull’apparecchio radio Balilla , sono nella casa di un vecchio professore di filosofia che si è preso la briga di ospitarmi per qualche giorno, giusto il tempo di sistemare alcune cose in sospeso , mi hanno promesso dei documenti nuovi, diventerò per tutti un operaio specializzato, saldatore elettrico, è strano ma è la prima cosa che mi è venuta in mente, ho pensato a quando stavo al silurificio di Pola e a come erano tenuti in grande considerazione gli operai specializzati .
18 settembre 1943 ritorna Mussolini
La notizia corre come il vento, Mussolini, liberato dai tedeschi, si appresta a tornare in Italia per combattere a fianco dell’alleato germanico contro i traditori della patria, ma quale patria ? Noi siamo gli schiavi, abbandonati al loro destino da un re incapace e dai suoi consiglieri che hanno preferito la fuga all’onore.
28 settembre 1943 i fascisti riaprono le sedi
Arrivano le prime notizie di gruppi partigiani organizzati sulle colline di Pian Castagna , i fascisti hanno riaperto le sedi mentre i tedeschi ormai presidiano tutto il territorio, decido di lasciare la casa del professore, con la mia nuova identità cercherò di trovare un lavoro in qualche officina della zona, poi mi vedrò con Gino.
29 settembre 1943 prendo la via della montagna
Incontro Gino, non sono riuscito a trovare un lavoro è non ho neanche la tessera annonaria,
nascondermi ancora qui ad Alessandria è troppo pericoloso, seguirò Gino a Pian Castagna, dove c’è bisogno di uomini che sappiano maneggiare le armi , i tedeschi per ora preferiscono starsene in pianura nei grandi centri a controllare le strade, i fascisti ancora non sono così organizzati da rappresentare un problema anche se molti di loro invocano il santo manganello.
1 ottobre 1943 il primo scontro
Sono appena arrivato tra i partigiani, giusto in tempo per affrontare i tedeschi in una imboscata, mi appioppano la mitraglia Breda, sono l’unico in grado di farla funzionare, si è saputo che i tedeschi faranno passare sulla provinciale armi e munizioni.
Il piano è semplice, ci sistemiamo ai lati della strada con la mitraglia puntata alla testa del convoglio, quando sono a tiro faccio fuoco sulla motocarrozzetta che apre la fila di autocarri poche raffiche incrociate e i soldati non hanno neanche il tempo di capire cosa stia accadendo, tra le urla dei feriti e le grida di pietà degli scampati tutto si consuma in una manciata di minuti, per la pietà non c’è tempo ne voglia, oggi tocca a loro, domani potrebbe toccare a noi, quando torna il silenzio, in fretta, carichiamo quello che si può caricare e torniamo in montagna.
3 ottobre 1943 rappresaglia
I tedeschi non tardano a farsi sentire, mettono a ferro e fuoco il villaggio di quattro case vicino al punto della nostra azione, queste cose le avevo già viste fare in Russia, ma adesso che le vittime sono italiani come me, tutto mi sembra così diverso, quei corpi abbandonati senza pietà , quell’anziano impiccato a un palo e quel cartello appeso al collo con su scritto traditore ho aiutato i banditi gridano vendetta.
6 ottobre 1943 quando finirà ?
Continuo a scrivere su questo quadernetto che mi porto appresso da più di un anno, qui manca tutto, mancano le armi, manca il cibo, mancano le medicine, manca il vestiario, l’unica cose che abbiamo in abbondanza è l’entusiasmo ma tra non molto arriverà l’inverno e forse perderemo anche quello.
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