A chi giova l’escalation dell’orrore

Una notizia al tempo stesso orribile, inattesa e assurda. Ecco che cosa rappresenta il bombardamento che un aereo non identificato ha compiuto ieri nella zona di Idlib, nel Nord-Est della Siria, provocando con armi chimiche decine di morti fra i ribelli al regime di Assad che controllano la zona opponendosi con successo alle forze governative e a quelle russe.
Sembra che sia stato usato il Sarin, un gas nervino che risale alla Seconda guerra mondiale e che inibisce i collegamenti nervosi all’interno delle cellule. A rendere ancora più tragico il bilancio, l’ospedale in cui era stata ricoverata la maggior parte dei feriti è stato bombardato con munizioni convenzionali e parzialmente distrutto.
La notizia è orribile poiché fa rinascere nell’area lo spettro di quella guerra condotta con armi di distruzione di massa che l’accordo concluso qualche anno fa su iniziativa della Russia e sotto l’egida congiunta di Washington e di Mosca sembrava aver scongiurato.
La Siria di Assad aveva acconsentito in tale occasione a consegnare per la distruzione tutte le armi chimiche in suo possesso – e in effetti ne sono state consegnate mille e cinquecento tonnellate – nonché a ratificare la Convenzione internazionale riguardante quel tipo di armamenti, cosa che poi ha fatto. Almeno in teoria quindi le forze governative siriane non dovrebbero più disporre di armamenti del tipo di quelli utilizzati ieri.
E’ un caso doppiamente orribile anche perché l’episodio ha coinvolto militari e civili; e non poteva essere altrimenti. Come l’esperienza ci ha tristemente dimostrato gli scontri di questo conflitto avvengono quasi sempre all’interno di centri urbani che agli occhi dei combattenti hanno il pregio di risultare più efficacemente difendibili, ma che nel contempo coinvolgono quella parte della popolazione locale talmente misera da non disporre nemmeno dei mezzi che le consentirebbero di fuggire.
E si sa che in simili condizioni più grande è la miseria più elevato è il numero dei bambini.
L’episodio è poi tanto inatteso quanto assurdo. Inatteso poiché, come già detto, dopo l’entrata in vigore dell’accordo, che non era stato mai violato sino a oggi, non ci sarebbero più dovuti essere aggressivi nervini in questa parte del Medio Oriente. Assurdo in quanto non si comprende perché il regime di Assad, che ha immediatamente negato ogni responsabilità nell’accaduto, dovrebbe aver deciso di compiere un gesto tanto crudele, clamoroso e illecito proprio quando le sorti della guerra, rimaste in dubbio per anni, sembrano volgere inesorabilmente, anche se lentamente, a suo favore.
Certo, potrebbe trattarsi della decisione autonoma di un comandante locale di alto livello esasperato dalla resistenza particolarmente efficace posta in atto dai ribelli nella area chiave di Idlib e dalla incapacità delle forze di terra siriane di eliminare l’enclave. Considerato lo strettissimo controllo che la famiglia Assad e il suo immediato entourage hanno sempre esercitato su ogni aspetto rilevante della vita nazionale, l’ipotesi appare però molto azzardata. E poi potrebbero mai le forze siriane decidere un bombardamento di questo tipo senza informare preventivamente l’alleato russo, motore e garante dell’accordo che liberava la Siria dalla presenza di armi chimiche? Decisamente impensabile.
L’assurdità del caso alimenta così il proliferare di altre ipotesi, altrettanto assurde forse, ma che meglio potrebbero rispondere a quella domanda «Cui prodest?» (A chi giova?), che sempre occorre porsi allorché ci troviamo di fronte a contesti in cui anni di guerra fratricida hanno fatto saltare tutti i punti di riferimento e i valori che l’essere umano dovrebbe rispettare anche quando combatte. In particolare ciò che viene in mente è l’episodio delle recenti guerre balcaniche, cioè il bombardamento condotto con bombe di mortaio sul mercato vecchio di Sarajevo, con la strage di civili sunniti. Fu l’episodio che motivò l’intervento aereo della Nato sulle truppe serbe. Ancora anni dopo però permangono fondati dubbi sulla dinamica dell’accaduto, considerato come esistessero indizi secondo i quali i colpi di mortaio sarebbero potuti partire da zone in mano ai bosniaci e non ai serbi. Fuoco amico, dunque? Fuoco amico destinato a provocare l’intervento Nato? L’interrogativo resta aperto.
Auguriamoci comunque che, al di là di tutte le difficoltà di accertamento della verità che presentano casi del genere – anche se l’esame di tutte le possibili registrazioni, satellitari, Awacs, radar e altro della rotta seguita dall’aereo che ha compiuto il bombardamento potrebbero essere fortemente indicative -, la comunità internazionale sappia muoversi con rapidità ed efficacia per inchiodare alle proprie terribili responsabilità gli autori del misfatto.
La convocazione straordinaria del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite richiesta dalla Francia va in tale direzione. Possiamo sperare che almeno per una volta quello che dovrebbe essere il primo e più efficace baluardo della nostra sicurezza collettiva agisca in modo adeguato alla realtà e all’orrore della situazione? E questo nonostante il fatto che uno dei suoi membri permanenti, la Russia, rischi di vedersi imputata almeno di una parziale corresponsabilità?
 
Articolo pubblicato su La Stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *