Tecnologia buona, tecnologia cattiva (II parte)

È questo il vero dilemma, tra presente e futuro

Continua dalla scorsa puntata il tema sul cambiamento tecnologico, anche in funzione dell’opinione di Ashton Carter – direttore del Belfer Center for Science and International Affairs all’Harvard Kennedy School, insegnante di Technology and Global Affairs, per 37 anni al servizio del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti d’America e tra il 2015 e il 2017 Segretario della Difesa USA – incentrato prima di tutto su social media e intelligenza artificiale. E poi… sulla Cina.

In effetti se l’Unione Sovietica era un’economia comunista, l’Occidente l’ha gestita in maniera ermetica, soprattutto dal punto di vista tecnologico (e commerciale). Con la Cina siamo agli antipodi, perché il rapporto commerciale è inevitabilmente molto intenso. E attraverso la sua natura – dittatoriale – riesce a mettere in moto una combinazione di strumenti politici, militari ed economici che un governo democratico non può eguagliare, con uno svantaggio competitivo inevitabile, dove il libero scambio degli ultimi decenni basato su regole disattese è di fatto fallito.

All’orizzonte, la rivoluzione è nelle bioscienze, come lo è stata nel recente passato con l’informatica. Ancora una volta nel bene e nel male. Il CRISPR (Clustered Regular Paladromic Repeats), difatti, può addirittura modificare il genoma umano, che riguarda sia l’aspetto morale che quello prettamente economico riguardante i principi fondativi della vita stessa.

Non da meno ci sono i biosensori e i produttori biologici. Robe complicate, basti però dire che i biosensori possono rivoluzionare la capacità di cambiare i segnali ambientali in dati processabili e archiviabili; e questi sensori potrebbero rilevare in modo affidabile anche fattori apparentemente intangibili come l’umore e il comportamento. Mentre i produttori biologici sono organismi in grado di sintetizzare nuove proteine ​​o materiali biologici su larga scala.

E le cellule autodifese? Ah, certo, ci sono anche loro. Si tratta di cellule animali o vegetali dotate di una nuova o migliorata capacità di difendersi. Queste autodifese potrebbero, a loro volta, rappresentare soluzioni esaustive per le infezione virale o per il cancro. Poi c’è l’ingegneria bio-ispirata. Chi ha familiarità con la robotica sa che molte migliorie sono ispirate a modelli di locomozione umana o animale.

Infatti la ruota è un’invenzione pazzesca in quanto non ha un chiaro precursore biologico, ma la maggior parte della locomozione scelta dall’ingegneria robotica è modellata sulla natura. Così anche gli esoscheletri ispirati alla biologia e altre caratteristiche strutturali e modelli cognitivi e comportamentali usati nell’intelligenza artificiale…

Alla fine, con tutta questa innovazione trasversale, si apre un’altra strada potenzialmente dirompente: l’unione della rivoluzione dell’informazione con quella biologica. Ossia? Semplice. Oggi e, soprattutto, domani, tutto (o quasi) sarà possibile, cellula per cellula.

Parliamoci chiaro, già oggi è possibile inviare un campione di DNA e ottenere qualche ora dopo un’intera sequenza via e-mail. Solo pochi anni fa serviva un decennio e miliardi di dollari! Ciò significa che la rivoluzione è (quasi) di massa. Nel pharma è lo stesso, con percorsi – e investimenti multimiliardari – che sono ben più brevi e relativamente economici di poco tempo fa. Quindi, qual è lo scenario? Che la rivoluzione tecnologica del nostro tempo è soprattutto una sfida individuale. Nei principi