Qualche domanda ad Alberto Forchielli, il più anarchico tra gli economisti italiani.

IL PERSONAGGIO:
Alberto Forchielli, classe 1955, è un economista, imprenditore e opinionista italiano
Con una laurea in economia conseguita all’Università di Bologna ed un master in Business Administration ottenuto all’Harvard Business School, Forchielli ha intrapreso una carriera che lo ha sempre visto insigne di incarichi prestigiosi, sia presso grandi aziende private, che nel settore pubblico. Membro del Cda di grandi multinazionali, consulente della Banca Mondiale a Washington, professore di Economia all’Università di Bologna, sono solo alcuni degli incarichi che si possono annoverare nel suo curriculum, e che lo hanno portato a conoscere le realtà economiche di mezzo mondo. E proprio questa esperienza, maturata nel corso di oltre 30 anni spesi a cavallo di Stati Uniti ed Asia, fa di Forchielli un profondo conoscitore di economia internazionale dello sviluppo, in particolare per quanto riguarda Cina ed India.
Forte di questa esperienza decennale, si è reso autore di due recentissimi successi editoriali, nel 2015 con “Trova lavoro subito”, edito da Sperling & Kupfer, poi nel 2016 con “Il potere è noioso” edito da Baldini & Castoldi.
L’INTERVISTA:

  1. Nel suo ultimo libro, “il potere è noioso”, lei invita più volte i giovani a fuggire da un’Italia che non ha rinnovato il patto generazionale, che non ha più nulla da offrire loro in termini di lavoro. Brevemente, che cosa l’Italia non ha fatto, rispetto ad altri Paesi, per trasformarsi in una terra senza opportunità?

 
Il problema di fondo è la testa degli italiani che hanno perso lo spirito di sacrificio dei nostri nonni che prima sono stati eroi per caso durante la Seconda guerra mondiale e che poi nel dopoguerra hanno realizzato il boom economico che ha trasformato un Paese distrutto in una potenza economica di prima grandezza. Una classe dirigente non all’altezza – quella politica in primis – ha fatto il resto, estromettendoci da tutte le dinamiche di innovazione tecnologica che hanno creato enormi ricchezze negli ultimi decenni.
 

  1. E per chi volesse restare, o non avesse l’opportunità di fuggire? Esiste una speranza per loro, una strada da percorrere pur rimanendo qui, nel Bel Paese? Che consiglio darebbe ad un giovane italiano che non emigra?

 
Il consiglio è quello di avere le idee chiare il prima possibile. Oggi il futuro lavorativo si decide a 14 anni. Se le idee chiare non le hanno i ragazzi, devono averle i loro genitori. Bisogna studiare la matematica e guardare ai settori che trainano il mondo come internet e la biotecnologia, tanto per citarne un paio, e bisogna sapere l’inglese alla perfezione. Se non studiate, imparate gli antichi mestieri artigianali o quelli che servono sempre, come l’idraulico, il giardiniere, il pizzaiolo o il cuoco. E non bisogna essere schizzinosi. Non abbiate paura di sporcarvi le mani!
 

  1. Leggendo il suo blog, o la sua pagina Facebook, ci si imbatte spesso nell’hashtag #messicanizzazione, un neologismo coniato da lei stesso per descrivere il declino che sta inaridendo l’Italia. Ma cosa significa di preciso? In cosa, l’Italia, sta diventando come il Messico?

 
In Messico gran parte delle attività per esistere scavalcano la burocrazia e si affidano principalmente a “concessioni” di “personalità” locali. Alcune aree del Paese, sotto il controllo di bande di stampo mafioso, sono in pratica fuori dalla giurisdizione dello Stato. E la gente, a fronte di uno scenario simile da Far West, vive e/o sopravvive in una società in cui inevitabilmente ha più importanza il rapporto clientelare con figure non istituzionali piuttosto che con i legali rappresentanti dello Stato. L’Italia raccontata da “Gomorra” è tanto diversa? Le giunte comunali del nostro Meridione azzerate per mafia non sono la stessa roba? E il tessile cinese di Prato? E “mafia capitale” a Roma? E l’Expo a Milano e il Mose a Venezia? La “messicanizzazione” è questo.
 

  1. Allargando la lente, e spostandoci dall’Italia, Donald J. Trump è diventato ufficialmente il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti e, nel suo discorso di insediamento, parrebbe del tutto intenzionato a mantenere fede alle sue promesse elettorali. In materia economica colpisce il passaggio in cui dice “Porteremo le persone fuori dalla disoccupazione con due regole semplici: assumi americani, compra prodotti americani”. Se davvero dovesse attuare una politica filo-protezionista, che effetti potrebbe avere sul mercato globale, in particolare per l’Europa?

 
Trump ha cavalcato l’incazzatura dell’americano medio – quello che una volta rappresentava il ceto della classe media e che ora non esiste più – che si ritrova oggi più povero del passato mentre i ricchi sono sempre più ricchi. Ha inoltre puntato il dito contro le logiche della geopolitica rispetto al benessere dei cittadini, nel senso che per anni gli USA hanno favorito gli alleati a discapito del puro business economico per una bilancia commerciale sempre più negativa. In soldoni cosa significa per l’Europa? Che se dovessimo avere ancora bisogno di farci difendere da loro contro un nuovo Milosevic, stavolta gli USA interverranno solo se il Vecchio Continente pagherà per farsi difendere.
 

  1. Tornando al suo libro, ad un certo punto, scrive che la tentazione di fare politica in Italia le torna quando pensa ai tanti giovani, con i quali coltiva un rapporto attraverso i social. Ma poco dopo dice che questa voglia le passa per via dei troppi giovani arroganti e saccenti. Voglio essere indiscreto, qual è il sentimento dominante? Vedremo l’ascesa in campo di un Forchielli politico?

 
No, i miei nemici possono stare tranquilli, non scenderò mai in politica perché da un lato fare politica è una gran rottura di balle. La politica come professione esiste solo in Italia, e non a caso viviamo una dittatura del Parlamento. Sono quarant’anni che senatori e deputati fanno esclusivamente il proprio interesse. E poi oggi fare il parlamentare è un lavoro umiliante. Va bene per i parassiti, quelli per cui stare in parlamento è il coronamento di un sogno. Mentre per i professionisti, persone che lavorano davvero, è un incubo, una vergogna umiliante, un mestiere anti-selettivo, senza dignità. Dall’altro lato la mia ricetta è semplice: serve sacrifico, sacrificio e sacrifico. È tanto semplice quanto indigesta e mi voterebbero in pochi.
Link al PDF
Alberto Caranti intervista Alberto Forchielli, Sorpresa San Marino

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