Forchielli, "Trump presidente dimezzato, tour asiatico mezzo bidone". In Asia nasce la nuova Nato anti-cinese

Trump? “Un presidente dimezzato che non porta soldi, il tour asiatico è stato un mezzo bidone”. A parlare è Alberto Forchielli, managing partner del Fondo Mandarin Capital Partners, agguerrito sull’esito della missione in Asia di The Donald. “L’America è tornata e il suo futuro non potrebbe essere più radioso”, ha detto Donald Trump che ha rivendicato “l’incredibile successo” della missione, che è terminata nei giorni scorsi. Durante un intervento dalla Casa Bianca, il presidente ha indicato i tre obiettivi principali del viaggio: “Unire il mondo contro la minaccia posta del regime della Corea del Nord”, “rafforzare le alleanze dell’America e le sue partnership economiche nell’Indo-Pacifico”, sollecitare tutti i Paesi a scambi commerciali improntati all’equità e alla reciprocità”. Trump ha incontrato i leader di Giappone, Corea del Sud, Cina, Vietnam e Filippine, e ha partecipato ai summit dei Paesi Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) e Asean, l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. La lunga missione è stata dominata dalla minaccia missilistica e nucleare nord-coreana, particolarmente presente nei suoi discorsi e negli incontri avuti nei tre Paesi dell’Asia orientale, e dai rapporti commerciali con i Paesi asiatici, su cui nei giorni scorsi, aveva dichiarato che erano stati fatti “grossi passi avanti”.

“Il dramma di un presidente americano quando viaggia, soprattutto in Asia, è che porta solo goodwill militare”
, dice Forchielli. “Trump non porta un discorso politico accattivante. Perché l’uomo non è accattivante. Non porta soldi”. Perché? “Ha tagliato fondi alla United States Agency for International Development (USAID), l’agenzia americana che finanzia lo sviluppo, le banche le multinazionali sono indipendenti, la Export–Import Bank of the United States è bloccata, si discute se debba essere liquidata o meno”.  Ecco perché. Trump non porta soldi, non porta aiuti, partecipa solo a firme organizzate da altri. “La sua visita non è propulsiva. Il presidente cinese quando viaggia porta dighe, autostrade. La visita di Trump invece è monca. Porta missili, protezione militare. E’ un soldato di ventura. Non ha armi politiche, finanziare e commerciali”. Porta la visione di America First. “Soprattutto dopo aver abbandonato il TPP, gli Stati Uniti hanno il paniere vuoto. Il risultato raggiunto è un mezzo bidone”. Sui maxi-accordi firmati alla presenza di Xi e Trump nella Grande Sala del Popolo, in piazza Tian’anmen, gli osservatori più smaliziati hanno avanzato dubbi: dei 253,4 miliardi di dollari totali, molti sono riconducibili a contratti non vincolanti.  I progressi sul commercio sono stati “molto piccoli”, ha detto lo stesso Tillerson. “Trump è uscito perdente dall’incontro con Xi: è stato troppo ossequioso. Ha detto che il gigantesco deficit commerciale con la Cina, che rasenta i 400 miliardi, è colpa dei suoi predecessori, Pechino non è da biasimare se inganna: non è un ragionamento da statista. La visione di Trump va bene a quei Paesi che temono la Cina e la Corea del Nord. Va bene alla Corea del Sud, entro certi limiti, e al Giappone, perché laggiù ha portato discorsi concilianti, ha riaffermato la strategia militare a stelle e strisce. Entro certi limiti è ben accetto anche al Vietnam, che cerca di contenere la Cina. Poi si ferma lì. Anche di fronte al presidente filippino si è presentato in modo ossequioso, e adulante. Duterte ha un track record bizzarro e chiaroscuro, e sta portando il Paese nell’orbita cinese”.
Ma una novità, il tour asiatico di Donald l’ha portata. Alla vigilia del vertice Asean nelle Filippine, funzionari di alto livello di Usa, Giappone, India e Australia si sono incontrati per discutere la visione di una “regione Indo-Pacifica aperta, libera, prospera e inclusiva”. Un incontro che “di fatto segna la nascita della Nato dell’Asia che vuole contenere la Cina“, tuona Forchielli. “I paesi che più temono l’espansione politica e militare cinese, sono proprio Giappone, India e Australia. Da evidenziare anche la definizione della regione dell’ “Indo-pacifico”, non una novità ma va segnalato l’utilizzo del linguaggio. Alla nuova Nato asiatica contrappone l’alleanza sino-pakistana-russa. Sono i due blocchi che si contenderanno il dominio dell’Asia, e anche quello dell’Europa, dando l’Africa per persa”.
Trump è insomma un presidente dimezzato, “forte con i deboli, e deboli con i forti, che fa la voce grossa con giapponesi e coreani, e si accuccia con gli autocrati: Xi, Duterte e Putin”, è il durissimo giudizio di Forchielli.
La BBC aveva definito quello tra Trump e Xi l’incontro tra un presidente indebolito e un leader rafforzato, emerso ancora più potente dal Congresso del PCC. Trump stesso aveva definito il suo omologo “re della Cina”. “Trump è un uomo alfa. Quando trova un altro alfa male come lui, si accuccia – continua Forchielli -. L’ambizione di Trump è di diventare un autocrate, e così quando ne incontra uno che ha fatto cose che lui non è riuscito a realizzare, diventa un uomo beta. Porta tutto sul personale, è fatto così. Non sente di rappresentare un Paese. Quando ha di fronte gente che ha dimostrato di avere più potere di lui, abbassa la coda e si mette in fila. Tutti hanno nodi duri da scogliere. Xi, Putin, Duterte hanno però dimostrato di avere maggiore capacità di gestione del potere e maggiore libertà di Trump – abbastanza per metterlo in soggezione. Trump soffre. E si vede”.
 
Articolo di Alessandra Spalletta, pubblicato su AgiChina, 18.11.2017
 
Qui il PDF
 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *