L’economista Forchielli: “Harvard mi ha cambiato la vita, quella di Trump è una battaglia infame”

LONDRA – “Harvard mi ha cambiato la vita”. Parola di Alberto Forchielli, 70 anni, bolognese, economista, imprenditore, gestore del fondo di investimenti Mindful, autore di libri best-seller (“Trova lavoro subito”, “Muovete il culo”), reso popolare dalle imitazioni di Crozza, recente co-fondatore di Drin-Drin, un nuovo movimento politico con 13 mila iscritti paganti, destinato a diventare un partito.

Cominciamo da lì, Forchielli: quando è arrivato ad Harvard?

“Nel 1979, dopo la laurea a Bologna in Economia e Commercio, mi sono iscritto a un Master in Business. Quell’anno ero praticamente l’unico italiano di Harvard”.

Che impressione le fece?

“Ne rimasi schiacciato. Pensavo: speriamo che me la cavo. Ero arrivato con due valigie da emigrato, vedevo i ragazzi americani arrivare in pick-up portandosi mezza casa dietro. Era come un sogno: campus verde, edifici in stile, bandiera americana al vento, campi sportivi. Mi diede orgoglio e paura”.

Differenza con l’università italiana?

“Tutto l’insegnamento era su casi aziendali. Niente libri. Dovevo trarre lezioni dai casi e discutere in classe. Leggevo 100 pagine al giorno in un inglese ancora incerto. Era durissimo”.

Come veniva accolto uno studente straniero?

“Bene, c’era il culto della diversità. Ma era competitivo. Tre insufficienze e ti rimandavano a casa. Sarebbe stato umiliante”.

Dove dormiva?

“In un dormitorio spartano. Dovevo passare nella stanza del mio compagno per andare in bagno. Lui era un cervellone californiano con un computer – nel 1979!”

Docenti significativi?

“Il professor Ken Merchant, esperto di controllo di gestione”.

Harvard a cosa le è servita?

“Mi ha cambiato la vita. Ero un provinciale, sono diventato internazionale. Primo lavoro in Argentina, a 26 anni guadagnavo 70 mila dollari. Mi ha insegnato sintesi, analisi, essenzialità. Tutto quello che ancora oggi mi serve”.

È rimasto in contatto con Harvard?

“Non l’ho mai lasciata. Ho continuato con corsi executive, costosi ma fondamentali”.

Chi sono i laureati italiani noti ad Harvard?

“Alessandro Benetton, Ermenegildo Zegna, Ernesto Bertarelli”.

E i docenti italiani?

“Gaetano Salvemini, Romano Prodi”.

Cosa pensa della battaglia di Trump contro Harvard?

“È infame. Ma è vero che le università sono diventate troppo woke. Se la pensi diversamente sei accusato di neocolonialismo. La presidente di Harvard ha fatto scalpore dicendo che la condanna a un attacco a Israele ‘dipendeva dal contesto’. Si è dovuta dimettere”.

Harvard senza studenti stranieri?

“Sarebbe finita. Il 90% delle start-up delle fiere di Harvard sono di stranieri. Pagano il doppio della retta e senza borse. Il 30% del budget dell’università arriva da loro. Ma la vera ragione è che senza diversità un campus è inconcepibile”.

Come finirà la sfida Trump-Harvard?

“Spero nelle corti. Finora Trump si è fermato spesso lì. Anche con la Corte Suprema conservatrice, questa battaglia sarebbe difficile da vincere. In America contano ancora gli stati, le loro leggi, università e giudici. Finché reggono, la democrazia è salva”.

L’intervista di Enrico Franceschini pubblicata su “La Repubblica”

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