Dazi: Trump tirerà dritto senza svolta Cina

Forchielli, Guerra commerciale ormai è al centro della campagna 2020

Un’economia americana robusta, una Borsa tornata in carreggiata dopo il testa coda di fine 2018, e un cavallo elettorale, quello dei dazi, che promette molto bene per Donald Trump. Specie se il candidato democratico alle presidenziali l’anno prossimo fosse Joe Biden.

Ecco perché Trump tirerà dritto sui dazi. Pronto ad alzarli effettivamente al 25% su 200 miliardi di import dalla Cina, dopo l’annuncio-shock ieri via twitter che ha scosso le borse mondiali, a meno che non riesca a spuntare “un accordo molto buono” da Pechino. La decisione è preannunciata per venerdì, anche se un aumento del dazi al 25% impiegherebbe 90 giorni per diventare effettivo, attraverso un processo di consultazioni fra le parti coinvolte negli Usa.

Lo scenario – che dà un 50% di chance alla probabilità di una rottura del negoziato – è tratteggiato da Alberto Forchielli, partner fondatore di Mandarin Capital Partners ed attento osservatore dei colloqui Usa-Cina sui quali è arrivata la doccia fredda del presidente americano.

“Questa volta – dice Forchielli al telefono da Bangkok – gli Usa non si son fatti infinocchiare dalla solita melina dei cinesi”.

A circa un anno dall’avvio dei negoziati, con i mercati in recupero dopo la ‘tregua’ di dicembre fra Trump e Xi Jinping e un pacchetto di stimolo che ha puntellato l’economia cinese, “i cinesi non avevano più tanto bisogno di un accordo e puntavano ad allungare i tempi”, spiega Forchielli.

Non solo: Pechino ha ceduto sulla proprietà intellettuale, sul ‘level playing field’ e l’apertura dei mercati per le imprese. Ma non sulle richieste riguardanti i sussidi alle imprese cinesi, il ‘cybertheft’ e, in generale, la strategia del ‘duro’ capo negoziatore americano Bob Lighthizer, di una implementazione dell’accordo per gradi, con l’eliminazione dei dazi solo una volta che fosse verificata l’effettiva ottemperanza di Pechino ai paletti.

Ecco dunque la mossa di Trump, che “punta a usare elettoralmente la ‘clava’ dei dazi contro la Cina perché sa che è un cavallo vincente e bipartisan: lo ha convinto l’ira di Dio che si è scatenata su Joe Biden”, assicura  Forchielli.

Biden, in queste ore nuovamente al centro di un polverone a causa degli investimenti del figlio Hunter in una startup di riconoscimento facciale che lavora con Pechino, è stato aspramente criticato la scorsa settimana anche da molti Democratici per aver sostenuto che la Cina “non fa concorrenza” agli Usa.

Articolo pubblicato su Ansa.it, 07 Maggio 2019