Mentre nelle istituzioni della Ue si arrovellano per escogitare intralci ed ostacoli che possano più efficacemente e assurdamente impedire la diffusione dell’Intelligenza Artificiale (IA) nell’economia europea, una nuova ondata di innovazioni sta per travolgere gli ultimi scampoli del vetusto tran-tran. Governi nazionali e burocrazia europea, uniti nelle strenue battaglie di retroguardia, si ostinano a ragionare secondo i paradigmi industriali degli anni 60 e 70 rivelatisi già obsoleti negli anni 80. Cionondimeno, ebbri di vaneggiamenti popolati di direttive, sussidi, fondi di coesione e welfare europeo si interrogano con genuino stupore sulle cause dell’arretratezza dell’Europa e sulla sclerosi della sua economia, mentre il Rapporto Draghi, intonso, fa bella mostra nelle meeting room.
Insomma, le classi dirigenti europee ancora faticano a comprendere appieno l’impatto della rivoluzione tecnologica che ha sovvertito l’economia globale a partire dagli anni 90 e navigano bendati in una nebbia fitta con una bussola ideologica e manageriale fracassata. I più ardimentosi si crogiolano nell’illusione che una manciata di investimenti e prebende pubbliche, finanziate a debito, resusciteranno la crescita impetuosa dell’immediato dopoguerra. In questo piccolo mondo antico, che ha affidato le strategie sull’innovazione ai legulei, stanno per essere demoliti i residui fortini dell’industria tradizionale.
L’integrazione di IA generativa e stampa 3D è sul punto di rivoluzionare la manifattura industriale. Attraverso una app (magari installata su uno smartphone) già oggi un progettista, un artista, un creativo o un hobbista può descrivere il tipo di oggetto da realizzare, le dimensioni, il colore, il materiale, le caratteristiche tecniche eccetera. L’app produce un’immagine virtuale, l’utente detta le opportune modifiche e approva il disegno finale. A quel punto dall’immagine (o da uno scan) un’altra app produce un file Cad con le specifiche. Il passaggio successivo trasforma il Cad in G-code, cioè il “linguaggio” delle stampanti 3D.
Alla fine si realizza il manufatto in loco oppure si invia il G-code al committente dotato di stampante propria, magari localizzato dall’altra parte del globo, evitando i costi di trasporto nonché facendosi beffe di protezionisti e gabellieri. Non è necessario che l’utente dell’IA sappia cos’è il Cad (a meno che non si tratti di oggetti complessi), o cos’è un G-code. Al limite può non aver visto mai una stampante 3D in vita sua. Deve solo saper guidare l’IA attraverso una descrizione del parto della sua fantasia e inviare il risultato via mail.
Per quanto questo scenario sembri futuristico, è destinato a una rapida obsolescenza. Le stampanti 3D, oggi frontiera dell’innovazione, verranno sostituite da robot, più o meno umanoidi. L’estrusore, cioè la parte che crea l’oggetto, sarà installato su un “dito” o su una protuberanza del robot, o su una “periferica” da collegare quando serve. L’hardware robotico probabilmente sarà concettualmente analogo a uno smartphone, cioè una piattaforma su cui verranno installate le app che interessano il proprietario, ad esempio per assistere i malati, per pulire casa, per lavare l’auto (a guida autonoma), per prendersi cura dei bambini, per riparare i rubinetti, per creare oggetti e via discorrendo.
Se pensate che stiamo esagerando, probabilmente vi è sfuggito un passaggio epocale, non per colpa vostra, ma perché trascurato dai media. In Ucraina un rudimentale bunker di soldati russi è stato attaccato da droni FPV e robot semoventi terrestri equipaggiati con cariche esplosive che hanno demolito le fortificazioni. Poi un robot ha iniziato ad avvicinarsi al bunker semidistrutto. I due soldati russi superstiti, sapendo di non avere scampo, hanno scritto in fretta e furia su un grosso pezzo di cartone — in modo che i droni lo “leggessero” dall’alto — che si arrendevano. Il robot terrestre a quel punto li ha fatti uscire e li ha avviati verso le postazioni ucraine dove sono stati presi in consegna da militari in carne ed ossa. È la prima volta in assoluto che dei soldati umani si arrendono a macchine inanimate. Una svolta incredibile che cambierà per sempre i conflitti.
Come spesso accade, nelle guerre si producono le discontinuità tecnologiche più incredibili. La prossima evoluzione saranno robot dotati di sistemi IA in grado di suggerire autonomamente agli umani le azioni da intraprendere. Il fronte ucraino è una fucina di innovazioni, mentre i Palazzi della Ue rimangono una cucina di ricette obsolete.
Il nuovo articolo scritto a 4 mani con Fabio Scacciavillani e pubblicato su Il Sole 24 Ore