Forchielli versione cartoon spiega lo spread ai bimbi

Come funziona una banca? Cosa significa sostenibilità? Che cos’è la criptomoneta (detta anche cicciomoneta)? L’economia e la finanza possono essere spiegate anche in modo divertente se a farlo è Alberto Forchielli, in versione… pupazzo di plastilina. L’economista di origini imolesi, assieme al collega Fabio Scacciavillani e al divano Sòfa sono infatti i protagonisti della serie animata Clay Economy, che sarà presentata in anteprima il 4 giugno al Festival dell’Economia di Trento. 

A produrre le 13 puntate di circa 4 minuti ciascuna è stata la società Uffa, un progetto firmato da Monica Fibbi, autrice di innumerevoli cortometraggi e serie per bambini per importanti network internazionali (tra cui le avventure di Mofy, una coniglietta che vive in un batuffolo di cotone) e con la regia di Bibiana Petrera. Globalizzazione, start-up, banca, assicurazioni, spread, cicciomoneta (criptomoneta), inflazione, sostenibilità, borsa, vera vola (spreco di denaro pubblico, ex Alitalia), import export, tassi di cam- bio, pensioni: questi i temi, affrontati in modo semplice e alla portata di un pubblico di giovanissimi. 

Quando e su quali canali sarà visibile «Clay Economy»?
«La lanceremo in esclusiva a Trento. Vediamo che tipo di risposta ci sarà, anche perché la presenteremo alle scolaresche della provincia di Trento. Poi valuteremo e decideremo come e a chi presentare il prodotto, se alla Rai, a Sky o a Mediaset». 

Come sono stati scelti gli argomenti ed è stato difficile condensare concetti complessi in un format alla portata dei bambini? 

«Gli argomenti sono stati scelti dagli sceneggiatori e da Scacciavillani, che ha la- vorato molto sui testi. Adesso bisogna vedere il risultato, se ai bambini piace e se riusciranno a imparare qualcosa». 

Com’è Forchielli in veste di doppiatore? 

«Doppiare se stessi è molto noioso, ma vedersi cartone animato è divertentissimo. La fatica la fanno gli anima- tori che realizzano i pupazzi. La serie è stata realizzata con la tecnica stop-motion, costruendo e fotografando ogni singola immagine. A ogni puntata, di circa quattro minuti, corrispondono settimane di lavoro». 

Il suo lavoro, invece, è gestire il fondo di investimento Mandarin Capital Partners, che di recente ha cambiato nome in Mindful Capital Partners. Su Facebook ha affermato che eravate ormai già svincolati dalla Cina, «ma coi tempi che corrono bisogna anche scriverlo nero su bianco» ha sottolineato. A che cosa si riferiva? 

«Quel nome rappresentava il nostro primo vecchio fondo di investimento, che vedeva la partecipazione anche del Governo cinese per investimenti in Cina. Nel frattempo la struttura si è evoluta, non investiamo più in Cina e il Governo cinese non è più presente, anche se quel nome ci caratterizzava molto. In realtà adesso siamo un fondo internazionale presente anche in Cina. Abbiamo un ufficio importante a Shanghai, ma non siamo più come una volta, quando eravamo un fondo che era quasi una emanazione del sistema bancario cinese. Il termine “Mindful” è stato scelto dopo un lungo per- corso durato circa un anno, coadiuvato da una società di consulenza. Significa “riflessivo, attento” e ci sembrava potesse caratterizzare bene il nostro prossimo fondo». 

Quindi la guerra russo-ucraina non ha influito sul cambiamento? 

«In realtà ha accelerato il percorso, perché ha messo in evidenza l’alleanza tra la Cina e la Russia e questo la rendeva ancora più “indigesta”. È stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il mondo si è spaccato in due: da una parte i Paesi autoritari e dall’altro quelli democratici. Cina e Russia sono saldate da una alleanza di ferro». 

Che tipo di epilogo si aspetta per il conflitto in atto?
«Mi aspetto uno stallo nelle manovre militari che obbligherà i due contendenti a trovare un accordo. Non credo che mandino a casa Putin, è troppo forte, così come non credo alle minacce nucleari. Ai russi piace parlare in questi termini, lo hanno fatto durante i missili di Cuba, durante la crisi di Suez, perché sanno che le opinioni pubbliche occidentali si prendono paura e quindi si divertono a minacciare. Ma sarebbero i primi a rimetterci». 

Doveva essere una guerra lampo, ma così non è stato…
«La Russia ha fatto una gran figuraccia dal punto di vista militare. Putin aveva garantito a Xi Jinping che sarebbe stata una guerra lampo, in realtà è stato un disastro, una guerra né lampo né vincente, che ha messo a nudo tutta una serie di inadeguatezze dell’apparato bellico russo. È venuta alla luce la corruzione del sistema militare russo, dagli armamenti che non funzionano alle razioni scadute, carri armati che possono essere eliminati da un drone da duemila euro. La Cina sta già facendo pressione sulla Russia per mettere fine in fretta al conflitto, ma non siamo ancora arrivati al punto in cui i contendenti sono disposti a chiedere una mediazione: l’Ucraina non è ancora abbastanza debole per cedere territori, la Russia deve dire che ha vinto qualcosa, per cui non c’è ancora una quadra. Si devono stancare, la questione andrà per le lunghe, poi si troverà possibilmente una mediazione tra le due parti». 

Che effetti avremo a medio termine sull’economia italiana?
«Nulla di buono nei prossimi due o tre anni. Ci aspettano anni molto difficili e di sollevazione sociale, con bassa crescita e inflazione alta, che taglierà i guadagni reali dei lavoratori. Aspettiamoci un autunno molto caldo, di rivendicazione salariale. E una ondata migratoria fuori dall’ordinario, perché, a seguito della chiusura dei porti nel mar Nero, la gente sarà costretta a emigrare per fame dall’Africa. Russia e Ucraina rappresentano una enorme quota dell’offerta di carboidrati a livello mondiale, a parte il riso. Bisognerà convincere i nordafricani a passare dal couscous al riso…». 

A due anni dal primo lockdown, durante il quale è nato il libro per Bacchi- lega editore «Che figata la quarantena, ma adesso sono cavoli nostri», in Europa l’emergenza sanitaria sembra superata. In Cina, là dove tutto è cominciato, sono invece ancora alle pre- se con misure restrittive. Non ce ne libereremo più? «Il Covid è un capitolo chiuso in Occidente, mentre la Cina ha città importantissime interamente chiuse. La produzione industriale, così come le ven- dite al consumo sono a picco e l’economia cinese è ancora in grande difficoltà, causa Covid. La ragione vera è che il loro vaccino non funziona. Per quello non ne sono ancora venuti a capo dopo quasi tre anni…». 

L’intervista di Lorena Mirandola pubblicata su Sabato Sera, 26 Maggio 2022

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