Come si sono ridotti i sostenitori del latino…con i loro complessi d’inferiorità (Ultima Parte)

di Ciro Balestrieri

Al Festival Internazionale della Storia del 2017 a Gardini viene chiesto: “Si può parlare di attualità del latino ai giorni nostri? Cosa può insegnarci ancora?” e la risposta è in linea con le sue solite affermazioni “Chi attacca il latino non sa effettivamente cosa è lo studio, e non ha ben chiaro su cosa sia il contrario del latino secondo loro, ossia la scienza. Il latino è la lingua di una grandissima cultura letteraria, filosofica, etica, morale, storica. Leggere il latino anche in traduzione significa risalire e al genoma di tante strutture mentali e una parte costitutiva dei saperi mondiali […] Il latino è la chiave di volta di una serie di saperi che mandano avanti il sistema universitario, la costruzione della dignità linguista di quella piccola microscopica realtà chiamata Terra.”

Punto 1, latino e scienza non sono uno il contrario dell’altro e non si capisce perché bisogna mettere continuamente in mezzo la scienza su domande inerenti l’attualità del latino. Punto 2, da quando il latino manda avanti il sistema universitario? Perché lo farebbe? Una volta era la lingua internazionale come l’inglese oggi, ma adesso? I ricercatori di Stanford o del MIT hanno bisogno del latino? Non sembra proprio. Punto 3, cosa sarebbe la dignità linguistica? E poi di tutta la Terra per giunta, non considerando culture più antiche della nostra come quelle orientali dove se ne sono fatti un baffo del latino. E addirittura chi attacca il latino non sa cosa è lo studio? Lo sanno solo i latinisti cosa sia lo studio?

Passiamo al Festivaletteratura 2017 dove alla domanda “Che me ne faccio del latino” l’umanista risponde così “La domanda si può rivolgere a tutte le forme del sapere alto, che me ne faccio della meccanica quantistica? Della Musica? Degli Uffizi? Delle cascate del Niagara? Si può vivere anche con molto meno, ma sappiamo già cosa vuol dire vivere con molto meno, […] il latino ci rende liberi.” Solita risposta non risposta, non fornisce mai soluzioni. Poi Gardini non sa nemmeno che i computer funzionano grazie alla meccanica quantistica, senza di essa ci sarebbero nel mondo non più di qualche decina di computer grandi come un’intera stanza con potenze di calcolo neanche millesimali comparate a quelle di oggi. Inoltre le cascate del Niagara non sono state costruite da nessuno, si trovano li di per sé, e come dire cosa ce ne facciamo dell’Everest? 

Meglio non continuare ad infierire su Gardini ed andare al punto. È evidente che gli umanisti abbiano un enorme complesso di inferiorità nei confronti dei colleghi scienziati ed ingegneri, che offrono alla società contributi maggiori e decisamente più tangibili. Questo porta ad una spaccatura sempre più ampia tra sapere umanistico e scientifico che non giova a nessuno. Per compensazione ed anche tradizione si arrivano a dire delle cose insensate (come mostrato per tutto l’articolo) pur di dare importanza al sapere umanistico, che non va affatto denigrato, ed anzi viene messo spesso in cattiva luce proprio da chi ne fa parte con ridicole affermazioni, ogni volta mai dimostrate. 

Inoltre, tale forma mentis (bello usarlo così il latino) porta a non dare alcuna importanza alla dimostrazione di ciò che si afferma. Una società in cui non si dimostra mai niente è una società fallimentare, dove c’è grande confusione e tutti hanno ragione, contribuendo alla distruzione della società stessa, perché porta i più incapaci ad aver ragione sui più capaci, di cui l’Italia è un grandissimo esempio. Uno Stato dove si insegna il latino come materia fondamentale, che facendo parte delle discipline umanistiche non ha come obiettivo quello di dimostrare le sue affermazioni, al contrario delle discipline scientifiche dove non ha ragione la maggioranza, ma solo chi riesce a dimostrare che suddette affermazioni siano vere o false. 

Se non c’è bisogno di dimostrare mai nulla allora tutti sono vincitori e tutti sono contenti, nel breve periodo, ma nel lungo periodo questo è catastrofico perché taglia fuori quelli bravi a favore degli inetti, ossia la maggioranza. È la minoranza di capaci che porta alla crescita della società e non viceversa. Bisogna solo accettarlo, prima lo si fa, prima le condizioni di vita di tutti (maggioranza compresa) miglioreranno sempre più velocemente, e lo studio del latino, come si è visto in questo articolo, non contribuisce in alcuna misura a tale crescita.