Il falso mito della ricerca italiana (Prima Parte)

Perchè i ricercatori delle università italiane sembrano essere così bravi?

di Ciro Balestrieri

Periodicamente ci viene raccontato dai media o dagli accademici stessi che la ricerca italiana è di altissimo livello nonostante i pochi fondi a disposizione, e a dimostrare questa tesi dovrebbe essere il rapporto tra il numero di pubblicazioni ottenute in riviste di un certo calibro ed il costo effettivo per il raggiungimento di tale obiettivo. Se la mettiamo così, chi propaganda queste idee avrebbe pure ragione, perchè effettivamente l’Italia è tra i primissimi posti in questa speciale classifica. Difatti, come sottolinea Fabrizio Nestola, importante scienziato italiano, analizzando la relazione del CNR del 2018, il Belpaese si troverebbe al terzo posto, dietro a Regno Unito e Spagna e davanti a Nazioni come Francia, Germania, Stati Uniti, Giappone etc… Incredibile apparentemente, un vero e proprio successo! Purtroppo c’è quel “apparentemente” che cambia un po’ le carte in tavola. Pensiamo per un attimo alla diverse classifiche stilate sulle università di tutto il mondo da svariati enti. Anche se sicuramente non sono molto accurate, comunque delineano grossolanamente il livello delle varie università, soprattutto se le prendiamo per scaglioni, come spesso viene fatto, ad esempio 1-50, 50-100, 100-150 e così via. In questi ranking non figurano praticamente mai le università italiane tra le prime 100-150 posizioni (nell’ultimo QS World University Ranking la prima università italiana è il Politecnico di Milano al 149° posto, poi Sant’Anna e Bologna appaiate al 177°) , strano vero…oppure no? Se poi si guardano agli articoli su riviste come Nature e Science come fa lo stesso Nestola, si nota come tra il 2010 e 2015 gli articoli provenienti da ricercatori situati in Italia sono in numero assai inferiore a quelli degli altri paesi precedentemente citati. Come mai? Dove sta l’inghippo in tutto ciò? Per Nestola una possibile risposta è “la bassa consapevolezza che i ricercatori italiani hanno delle loro capacità e la loro scarsa propensione a cercare di raggiungere obiettivi molto ambiziosi”. Le cose stanno davvero così o forse c’è di più? Cosa c’è di sbagliato in tutto questo ragionamento? Beh, sostanzialmente è il modo di calcolare la produzione scientifica tra Stati. Infatti, ha senso utilizzare il rapporto (Produttività = Pubblicazioni/Spesa) solo se la Spesa è sostanzialmente la stessa tra Stati, mentre perde di significato se c’è molta differenza. Il motivo principale è l’elevatissimo costo per la ricerca di base, per sua definizione “estremamente costosa” poichè siamo alla frontiera della conoscenza in quel campo e fare delle scoperte è davvero molto complesso ed oneroso sia in termini temporali sia economici, ed in diversi casi non porta a nulla.Quindi solo poche università al mondo possono permetterselo, la maggior parte in USA, ma qualcun’altra in Inghilterra o Giappone e questo implica un abbassamento enorme del rapporto Pubblicazioni/Spesa.

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