E’ pronto a candidarsi sindaco di Bologna Alberto Forchielli, imprenditore bolognese classe 1955, esperto di economia internazionale, fondatore nel settembre 2024 insieme all’economista Michele Boldrin del movimento politico “Drin-Drin”. Da ieri, dopo il congresso di Abano diventato il partito “Ora”.
Forchielli aspira a diventare sindaco di Bologna?
«Mi piacerebbe dare questo contributo, sarebbe una cosa bella. Ho lavorato sempre per cinquant’anni, non ho mai preso un anno sabbatico e adesso l’idea di chiudere la carriera come sindaco di Bologna mi farebbe piacere, anche perché credo che Bologna possa averne bisogno».
Lei, imprenditore che ha lavorato in Cina, negli Stati Uniti, in Sud America, politicamente dove si colloca?
«Al centro ma come ho già detto, non mi interessa il colore del gatto, basta che prenda il topo. Non sono di sinistra ma non sono né fascista né leghista. Sono per una città pulita, moderna, efficiente. Come partito abbiamo un programma e se la destra avalla alcune delle nostre proposte noi votiamo con la destra, se lo fa la sinistra noi votiamo con la sinistra. È un programma molto pragmatico che si promette di fare cose che dovevano essere fatte quarant’anni fa. Siamo molto pro Ucraina, siamo molto pro Gaza. Siamo molto centrati sull’innovazione».
I suoi “padri” politici?
«Beniamino Andreatta e Romano Prodi di cui apprezzo il pragmatismo, l’intelligenza, l’intuizione, la non superficialità, il fatto che prendessero decisioni sull’analisi dei fatti e non sull’onda del momento».
Ha sentito Romano Prodi?
«È chiaro che non mi può sostenere perché è istituzionale e appoggia il candidato del suo partito. Mi ha detto che la cosa migliore che potrei fare per Bologna e rimanere all’estero. Ci conosciamo da 50 anni».
Avrà altri sostenitori…
«Ho avuto incoraggiamenti importanti anche a livello nazionale e ho parlato con molti industriali di Bologna. Con loro sono tranquillo. Ma la cosa curiosa è che ancora prima di formare ufficialmente il partito siamo dentro ai sondaggi, conquistando un 1% a livello nazionale e un 3% a Bologna. Abbiamo già 15mila iscritti di cui 700 a Bologna».
Cosa c’è nel suo programma per la città?
«Mi piacerebbe che si creasse un campus per gli studenti universitari fuori dal centro storico, magari a Fico. Bologna deve diventare una start up city e quindi mi immagino un campus che attiri nuove imprese con cui dialogare. La grande ondata innovativa che ha pervaso gli Stati Uniti o paesi come la Corea del Sud è dovuta alla presenza di campus universitari, perché un campus facilita la multidisciplinarietà e il processo di innovazione che è alla base di quell’aumento di produttività che l’Italia non ha avuto».
Cosa manca a Bologna?
«Mi piange il cuore vedere che a Milano c’è innovazione e a Bologna molto meno. Qui mancano le strutture finanziare. Stiamo perdendo anche importanti studi di avvocati e non si sono viste nascere nuove grandi industrie. Bisognerebbe riportare in città risorse e investimenti. E poi il turismo: il grosso va a Milano per fare shopping, noi ci prendiamo solo il 15% di turisti che soggiornano e spendono poco».
L’intervista di Paola Naldi pubblicata su Repubblica

