È possibile ridurre l’estrema povertà nel mondo? (I parte)

Cina e Africa sono i protagonisti di questa prossima sfida epocale
 
Se la settimana scorsa il tema degli FdS era il mio ottimismo sul futuro, come auspicato anche dal testo Abundance: The Future Is Better Than You Think, Free Pr, 2012, di Peter Diamandis e Steven Kotler, che come ricorderete ipotizza scenari decisamente ultra-ottimistici grazie allo sviluppo di scienza e nuove tecnologie (e, nello specifico, all’accessibilità che si ottiene con lo sviluppo della tecnologia), questa settimana proseguo nel filone dell’ottimismo verso il futuro (in questo caso più moderato per il tema e per i soggetti in campo), partendo dalla considerazione che, nonostante tutto – e per tutto intendo le guerre, le tensioni, gli squilibri, eccetera, che pervadono l’attualità mondiale – viviamo, in generale, nella società migliore e più equa di tutti i tempi. E nulla esclude che domani sia meglio di oggi.
Per esempio, a livello macro, è indubitabile che l’aspettativa di vita media continui a crescere grazie all’istruzione sempre più diffusa e alla migliore qualità della vita, con una consapevolezza maggiore sul significato più profondo dello stile di vita sano e con gli estremismi – religiosi e politici – che si circoscrivono in aree più limitate del passato. L’altro tema macro sostanziale è quello della povertà estrema. E anche in questo senso, come registra la Banca Mondiale, la percentuale di coloro i quali hanno la sfortuna di vivere nelle condizioni più disagiate – che la Banca Mondiale quantifica in 1,90 dollari al giorno – è drasticamente diminuita negli ultimi trent’anni. Va però sottolineato che resta un dato altamente drammatico visto che il 10,7% della popolazione mondiale è ancora estremamente povero.
È possibile scendere ulteriormente? E un giorno è pensabile l’arrivo a zero?
Ragioniamoci. Il grande calo della povertà mondiale dagli anni Ottanta a oggi è coinciso con l’enorme sviluppo della Cina. Nel 1981 l’88% dei cinesi era estremamente povero e nel 2013 la cifra era scesa, incredibilmente, al 2%! E anche in maniera minore, ma ugualmente pazzesca, dell’India. Nello stesso periodo di tempo la popolazione povera è infatti diminuita dal 54% al 21% (dati Singularity)!
Nell’Africa sub-sahariana, al contrario, la situazione è peggiorata. Perché se da un lato è migliorata come minor povertà – 54% nel 1990, 41% nel 2013 – dall’altro lato è massicciamente cresciuta la popolazione continentale con la conseguenza che il numero assoluto di poveri è aumentato a 113 milioni.
Quello cinese è un boom economico tanto esplosivo quanto irripetibile, innescato attraverso la sterminata manodopera a basso costo utilizzata dal mondo occidentale e successivamente alimentata da finanza, tecnologia e geopolitica, consentendo, appunto, di togliere dalle condizioni di povertà addirittura l’86% della sua popolazione in soli 32 anni: un dato di pura utopia fantascientifica. Con alcune peculiarità – altrettanto uniche – che hanno consentito ciò e che analizzeremo nella seconda parte dell’FdS di giovedì prossimo. Però possiamo anticipare che basterebbe che la prossima ondata di industrializzazione avvenisse in Africa per generare un ulteriore abbassamento della percentuale di restante povertà estrema. È possibile?
 

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