Una intervista lunga un anno e l’ultima domanda…

La vita è proprio strana. Prendi quella volta che Alberto Forchielli si è comprato l’Atala. Non la famosa bicicletta. La famosa fabbrica. Lui vive in Lussemburgo dove lavora alla Banca Europea. Lì si annoia e allora si mette a girare per il Granducato in bicicletta. Si appassiona. Diventa una mania. Decide di comprarsi l’Atala. I componenti li compra in Cina. Diventa un esperto di Cina. Capisce che c’è spazio per fare un private equity tra Cina ed Europa. Vende l’Atala ai turchi e trova banche di mezzo mondo che si fidano di lui e parte il Mandarin Capital Partners. Cioè, tutto è nato un po’ per caso. Competenze che si mischiano all’esperienza sul campo e all’intuito.

Un po’ come è capitato tra noi, però senza i baiocchi delle banche. Ho scritto un “appunto volante di vita terrena” su Alberto. Lui mi ha scritto, poi mi ha telefonato. Ed è venuta fuori questa incredibile intervista a puntate lunga un anno e larga tutti i giri intorno al mondo che ha fatto nel frattempo.

“Facciamo un libro su di te. Sulla tua storia. Sul presente. E sul futuro. Tra privato e pubblico. Tra l’ironia e il coraggio di dire la verità. Tra l’amore che provi per l’Italia e l’odio che ti monta per come è stata ridotta. Cosa dici?” Gli ho domandato così alla fine della seconda o terza intervista. “Michele, ma vai a cagare. Sarebbe bello ma non ho tempo. Cazzo, faccio 500mila miglia all’anno in aereo” ha risposto lui. “Però – ha aggiunto subito dopo – andiamo avanti a chiacchierare di tutto quello che ci viene in mente per un anno e alla fine, forse, è più di un libro”. E, senza forse, così è stato. 

Alberto, credi al destino? Alla fortuna? Alle cose che devono accadere? “Io sono peggio di Mario Merola. Sono molto superstizioso. Altroché le corna di Berlusconi. Sono sempre con i maroni tra le mani. Credo in Serendipity. Presto attenzione alle piccole cose che sembrano succedere per caso. Credo nell’intuizione, nello scoprire qualcosa che non si stava cercando, nell’intuizione dovuta al caso ma anche allo spirito acuto e alla capacità di osservazione. Poi credo nel feng shui.”

Quella roba orientale che dice che esisterebbero direzioni più propizie per la casa in assonanza con gli elementi del taoismo, come la disposizione nell’arredamento delle stanze e del letto? “Sì, tutto è cominciato dal fatto che in certe stanze d’albergo, magari brutte, dormo da Dio, e in altre, faraoniche, non chiudo occhio. E adesso se non ho l’ok del maestro di feng shui non ci dormo in una camera. Col maestro faccio le cerimonie. Nelle mie case spendo più in feng shui che in architetti, anche perché i maestri di feng shui sono cari ammazzati. In Asia ci sono grattacieli abbandonati perché non andavano bene per il feng shui. La gente buca i muri, apre porte, chiude finestre. E i benefici li ho riscontrati sulla mia pelle. Ma il feng shui non riguarda solo la casa. Ogni direzione ha una relazione con un aspetto della vita: famiglia, figli, felicità, amicizia, lavoro, eccetera. Quando compro un’azienda o faccio una start up chiamo il maestro di feng shui per studiare tutto. A proposito, devo far vedere al maestro la tua foto e quella dell’ Oblòg perché mi sa che porti una sfiga nera!” 

Alberto, ti adoro… Quali sono i tuoi difetti e i tuoi pregi? “Sono impaziente, pigro e viziato. Non voglio fare grandi sacrifici. Mi annoio facilmente. Delego troppo, poi mi inculano. Non seguo molto i dettagli. Tendo a innamorarmi delle persone e corro il rischio di esaltarle, anche se valgono quanto delle scoregge. E non riesco a invidiare Renzi che va in vacanza nella caserma degli alpini di Courmayeur. Elencare i propri pregi non è il massimo dello stile. Posso dire che nei momenti difficili, nel martirio della battaglia, mi esalto. Lavorativamente, da anni, il mio ruolo è quello di risolvere le pugnette complicate e do il meglio nelle situazioni importanti, dure.”

Di cosa hai paura? “Come tutti, della morte e della malattia. Soprattutto ho paura di diventare un vecchio rincoglionito. Odio l’idea di perdere la lucidità mentale. Sì, a livello personale sono queste le mie paure. Mentre per l’Italia ho paura che accanto al decadimento economico si innalzi il decadimento criminale, perché è un’esperienza che ho vissuto personalmente in Sudamerica.”

Non ti sfiora mai l’idea di tornare a vivere in Italia? “A livello professionale no, perché sarebbe come se un calciatore che gioca in Serie A decidesse di andare a finire la carriera in Serie C. Come sai, ogni tanto penso di tornare per un ruolo attivo in politica, perché me lo chiedono in tantissimi e perché mi piacerebbe poter aiutare i giovani. Però è un pensiero che mi passa in fretta, anche perché avendo un sacco di ragazzi tra i miei contatti sui social ne trovo alcuni meravigliosi ma la maggioranza è supponente: sparano giudizi senza sapere nulla. In generale, frequentando assiduamente i social, resto stupito dall’ignoranza e dall’ottusità degli italiani di oggi. E pazzesco ma devo dire che la vecchia Italia rurale era decisamente più saggia dell’Italia urbanizzata. Allora mi incazzo e mi passa la voglia di tornare.”

Che politico saresti? “Non credo che andrei d’accordo con il politico medio italiano perché, a parte l’onestà, sono pragmatico, non buonista né perbenista. Per ottenere risultati, per il bene del Paese, farei patti anche con il diavolo…”

Anche con la criminalità organizzata? “Certo! Paradossalmente vogliamo tutti la stessa cosa: che il Paese riparta, creando ricchezza e posti di lavoro! Anche la mafia, la camorra e l’ndrangheta sono disperate per la situazione italiana, perché con la crisi anche i loro affari vanno male!”

Ma? “Ma è impossibile convincere gli italiani a fare quello che serve per ottenere quei 4 o 5 risultati reali perché, purtroppo, la maggioranza della gente è idiota.”

Cosa serve? “È dallo scorso aprile che lo dico negli ‘appunti volanti di vita terrena’. Iniziamo una volta per tutte dalla pubblica amministrazione – piena di fancazzisti, dove emergono solo imbroglioni e delinquenti – per renderla capace di far lavorare il settore privato… Ma Michele, a proposito di politica, toglimi una curiosità… Se mi candido o se metto su un partito tu mi faresti da portavoce?”

Se tu fai un partito, noi due facciamo la fine di Aldo Moro in un batter d’occhio. Ci trovano smontati nel baule di una Smart dopo la conferenza stampa di presentazione della tua discesa in campo… “Ho paura anch’io. Ci frollano e ci tagliano come le fiorentine con l’osso.”

Alberto, è giunto il momento dell’ultima domanda. Da inguaribile ottimista ti ho chiesto spesso se nutri qualche speranza per l’Italia e mi hai sempre risposto di no, che per il singolo c’è il Superenalotto e in generale l’unica speranza è cambiare la testa degli italiani. Ma è passato un anno e te lo richiedo. Nessuna speranza? “Ti ho detto che quando ai convegni mi chiedono di chiudere il mio intervento con un segnale di ottimismo li mando a cagare perché il Paese, tra infrastrutture malandate, quartieri degradati e sempre meno cure mediche, va sempre peggio, però la speranza c’è ed è da riporre negli italiani di buona volontà che ancora hanno voglia di sacrificarsi.”

PS. Poi ad Alberto gli ho mandato per mail la mia foto e il logo dell’Oblòg, con la frase: Dimmi cosa dice l’esperto. E nemmeno due ore dopo la risposta è stata questa: “Mi ha già detto: ‘apre le porte del paradiso!’”

Forchielli intervistato da Michele Mengoli per Oblòg (10 Aprile 2015)

 

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