L'Italia vista da fuori. I peggiori stereotipi sul nostro Paese.

Alcuni stralci dell’articolo:

“Ho vissuto trent’anni all’estero, più di metà della mia vita. Sono un cittadino glocal: poco global, tanto local. Sono attaccato alle mie origini – la meravigliosa striscia di terra tra Bologna e Imola, la mitica Via Emilia –, ma ho conseguito un MBA with Honors all’Harvard Business School di Boston e poi ho lavorato in Europa, Stati Uniti, America Latina e Asia.”

“Così, quando qualche straniero decide di trasferirsi qui scopre l’amara e dura verità. L’Italia non è quell’agognato paradiso che aveva immaginato, e quando inizia a lavorare e i suoi figli entrano nelle nostre scuole il suo sentimento passa dall’amore all’odio. Odio per la nostra terrificante burocrazia, per i disservizi della nostra scuola pubblica e per tanti altri aspetti della vita quotidiana.”

“Quella che dobbiamo estirpare dalla nostra mente è l’idea che tutti gli stranieri non vedano l’ora di essere come noi: non è così! Noi italiani non siamo, e soprattutto non veniamo considerati l’ombelico del mondo. Da dove nasce questa convinzione? Dal fatto che scambiamo i sogni con la realtà. Ci piace pensare che tutti gli italiani frequentino favolose università, visitino bellissimi musei, suonino strumenti, vestano Armani, leggano il Financial Times, mangino ogni giorno tagliatelle fatte in casa e bevano i vini migliori comprati a un prezzo accessibile, camminino in centri storici immacolati, assaporino il miglior caffè e, ovviamente, siano impiegati in settori gratificanti come il fashion design. E ci piace anche pensare che gli altri, gli stranieri che ci giudicano, siano condannati dal tempo inclemente e dal grigiore delle fabbriche dei loro Paesi. Siamo convinti che, appena possono, vengano in Italia a godere del sole e delle spiagge, a mangiare la pasta al dente, a divertirsi con i giovani nelle discoteche della Riviera.”

Alberto Forchielli intervistato per ManagerItalia, 04.01.2017

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