I magnifici sette (II parte)

Grandi business per un grande futuro
 
Continuiamo sui business di domani che con sapienza mescolano scienza e visione.
Il CRISPR sembra una merendina ma non lo è! Il Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats, che possiamo tradurre con “brevi ripetizioni palindrome raggruppate e separate a intervalli regolari” è il nome che viene attribuito a una famiglia di segmenti di DNA contenenti brevi sequenze ripetute provenienti da virus, batteriofagi o plasmidi che in passato hanno attaccato il batterio.
Nello specifico è l’editing del genoma, ossia un intervento di precisione che consente la correzione mirata di una sequenza di DNA. Per effettuarlo si usano delle proteine della classe delle nucleasi, che assomigliano a forbici molecolari capaci di tagliare il DNA nel punto desiderato. La tecnologia di editing più in voga è appunto chiamata CRISPR/Cas9, perché generalmente utilizza la proteina Cas9, ma per brevità viene indicata solo con la prima parte della sigla: CRISPR. Ma a prescindere dalle questioni ultra-tecniche, cosa vuol dire?
Da un lato la rivoluzione delle cure mediche. Dall’altro lato, inevitabilmente, soldoni a palate! Perché, in pratica, il CRISPR è la tecnica che rivoluziona la modifica del genoma per tempistiche e costi. Parliamo di 10mila malattie genetiche che oggi sono curabili soltanto nel 5% dei casi e con lo sviluppo del CRISPR che spalanca scenari straordinari, anche in aree correlate come l’agricoltura e i biocarburanti.
E se quello del CRISPR è un futuro lontano, ben più vicino è quello delle transazioni mobili, che cresceranno di 15 volte entro il 2020 rispetto all’attuale giro d’affari. Difatti all’epoca il 75% del mondo avrà uno smartphone e i pagamenti ad hoc saranno ben più efficaci di quelli odierni grazie a una migliore sicurezza – per merito della biometria – e per la capillarità dei punti vendita in grado di accettare una tale tipologia di pagamento, compresi i paesi emergenti, come India e Cina, che saranno all’avanguardia in questo senso. Quindi? 15 miliardi di dollari entro il 2020.
Poi? Robotica e automazione valgono 12 trilioni di dollari entro il 2035. Dimentichiamoci i robot confinati alla produzione di automobili. L’abbattimento dei costi e lo sviluppo costante delle tecnologie legate alla programmazione, faranno decollare il segmento sempre di più. Anche in questo ambito il futuro è adesso, visto che i robot nei magazzini di Amazon, dal 2014 a oggi, sono passati da 1.000 a oltre 50.000.
Però, in questo caso, la questione è più complicata in chiave previsionale. Difatti se da un lato vi sono grandi timori per i posti di lavoro che verranno persi dagli esseri umani a scapito delle macchine, dall’altro lato non riusciamo neppure a immaginare cosa ci potrà riservare un grande ciclo di automazione guidato da robot più economici, intelligenti, sicuri e flessibili. L’analogia più simile? Internet nei primi anni Novanta!
Infine? Chiudiamo con qualcosa di tanto controverso quanto potenzialmente redditizio: Blockchain e Cryptoassets. Che roba è? Bitcoin e pugnette varie, tipo Ethereum e Steem, per circa 700 criptoassets attualmente sul mercato, per un valore di quasi 40 miliardi di dollari che un paio di anni fa valeva soltanto 3 miliardi di dollari. È un business giovane, quindi è caratterizzato da entusiasmo, incertezza e speculazione. Che un giorno, per ARK Investment Management, potrà valere anche 500 miliardi.
Per certi aspetti sembra tutta fantascienza. Di sicuro c’è chi perderà un sacco di soldi e chi ne guadagnerà a montagne. Insieme al fatto che il mondo farà passi da gigante e il benessere sarà sempre più diffuso, come, drammaticamente, il divario tra ricchi e poveri.
 
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