Forchielli e il Gas Serra

A giugno abbiamo avuto l’ennesimo inutile appuntamento mondiale sull’ambiente. Questo era il G7 ed è stato inutile perché anche stavolta hanno parlato di buoni propositi e obiettivi da raggiungere, come il mantenimento sotto i 2 gradi centigradi della temperatura media globale ma senza regole con valore legale e relative sanzioni è tutta fuffa per riempire le prime pagine dei giornali. E per queste – regole e sanzioni – si è rimandato alla conferenza ambientale dell’ONU a Parigi, nel prossimo dicembre. Anche lì, però, è probabile che gli accordi vincolanti saranno posticipati chissà a quando.

E sulla inutilità del G7 poteva scommetterci chi ama vincere facile visto che dei primi dieci Paesi che emettono Gas Serra sono solo quattro quelli che fanno parte del G7: USA, Giappone, Germania e Canada, che però insieme pesano per meno di un quarto delle emissioni complessive della top ten. In pratica sono scoregge contro il gas nervino. E sul podio se ne strafottono perché da Cina, India e Russia non arriva nessun impegno formale.

Alberto, com’è la situazione? “Il guaio vero non è la Cina che viene assimilata a un Paese moderno con i suoi grattacieli avvolti nello smog e allora è sotto i riflettori del eco-mondo, nella consapevolezza che il progresso ha un suo costo. Il problema più serio è l’India, che non appartiene alla Serie A del mondo e di conseguenza non ne vale nemmeno la pena parlarne. In India c’è inquinamento e miseria e basta. È come parlare del Niger. Chissenefrega del Niger. Chissenefrega dell’India. Parliamo delle emissioni nocive della Cina perché è la prima economia al mondo, mentre erroneamente annoveriamo l’India come una democrazia ma non lo è a causa di tutte le sue ingiustizie pazzesche, dalle caste ai protettorati fino al ruolo delle donne nella società indiana e mettiamoci pur dentro anche i nostri Marò. D’altronde in India uccidono le donne che denunciano uno stupro e storpiano ancora i bambini per fargli fare i mendicanti, cosa vuoi che gliene freghi a loro delle emissioni nocive. E poi il discorso è complesso…” 

Dai, spiega… “Nello scorso millennio le ansie ambientaliste fotografavano Los Angeles – la città sterminata, costruita sull’automobile – come il primo bersaglio della coscienza ecologica. Il suo paesaggio meraviglioso era deturpato dalla cappa d’aria nera che la sovrastava. Atterrando nei suoi numerosi aeroporti si scorgeva il contrasto netto tra la purezza del deserto e la patina scura che incombeva sulle palme e sulle scogliere del Pacifico. Un famoso studio del 2004 ha rilevato che i bambini cresciuti nelle zone più inquinate di Los Angeles hanno forti possibilità di una riduzione cronica delle capacità polmonari, con tutte le malattie associabili a questa diagnosi. Eppure oggi la qualità dell’aria nella metropoli californiana è incomparabilmente migliore di quella di New Delhi.”

E nel secolo in corso l’indice si è scagliato contro Pechino… “Con le immagini ricorrenti di file interminabili di auto, ciminiere in citta, riscaldamento a carbone e tempeste di sabbia dal deserto. Alcune visioni sono apocalittiche; gli stranieri lasciano la città, è in corso una guerra di nervi e di numeri tra l’ambasciata Usa e il ministero dell’Ambiente cinese sulla veridicità delle affermazioni. Il particolato nell’aria – la miscela di sostanze inquinanti sospese nell’atmosfera – ha effettivamente superato i livelli comunemente accettabili. Eppure la qualità dell’aria a Pechino è molto migliore rispetto a New Delhi, dove la particella più pericolosa per i polmoni, la PM 2.5, è più di 2 volte superiore alla capitale cinese. Lo rileva uno studio recente dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il documento è ancora più impietoso nei confronti dell’intero Paese: più della metà delle città maggiormente inquinate al mondo (13 su 25) si trovano in India. Lanzhou è l’unica città cinese tra le prime 50, Pechino si trova nella 79esima posizione. Questi numeri ammettono poche divagazioni intellettuali. Rilevano che il fronte degli attacchi dovrebbe cambiare perché aveva colpito bersagli sbagliati e probabilmente frutto di propaganda.”

Quindi il problema per Los Angeles e Pechino era ed è indubbiamente serio, ma è tragico per l’India… “E la negligenza diventa ancora più seria se l’analisi si espande alle cause dell’inquinamento atmosferico. Difatti esso non va addebitato allo sviluppo industriale quanto al sottosviluppo sociale. È facile incolpare le fabbriche, ma ugualmente responsabili sono la mancanza di un sistema fognario, di una raccolta ragionata dei rifiuti e di strutture sanitarie adeguate. La metà dei cittadini indiani, dunque 600 milioni di persone, espleta i suoi bisogni fisiologici all’aperto. La densità abitativa nelle grandi città si accompagna alla presenza di animali e scarse condizioni igieniche, lo smaltimento dei rifiuti avviene con gli incendi. La mancanza di acqua potabile, unita al clima caldo, acuisce il problema, minando alla base le minime richieste di qualità della vita. Colpisce la relativa indifferenza a questo problema drammatico. Forse l’India ha smesso di evocare suggestioni e incita alla rassegnazione; forse non è un nemico accertato e dunque bersagliarla non è redditizio. Rimane la conclusione amara che il sottosviluppo non solo è tragico, ma anche inquinante.”

D’altronde, chissenefrega dell’India.

Forchielli intervistato da Michele Mengoli per Oblòg (27 Luglio 2015)

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