All'Ue solo minacce da Trump, ma il vero obiettivo è la Cina

Paesi alleati, dall’Europa alla Corea del Sud, trattati dagli Usa come “nemici” con l’imposizione dei dazi su acciaio e alluminio. Con il rischio di una guerra commerciale che mette in allarme tutte le istituzioni economiche internazionali, dal G20 al Fmi.
Possibile che Donald Trump sia così folle da mettere in pericolo le fondamenta dell’ordine economico liberale? in realtà, come spiega in un’intervista Alberto Forchielli, fondatore e managing director del fondo Mandarin, “tutta questa manovra dei dazi ha un solo nemico, che è la Cina”, cui non a caso la Casa Bianca si appresta a infliggere nuovi dazi e sanzioni per 50 miliardi di dollari.
Messico, Canada, Giappone, Europa, restano alleati e con ogni probabilità riceveranno ciascuno il suo ‘waiver’, l’esenzione dai dazi da negoziare direttamente con Washington. Purché s’impegnino ad allinearsi nella battaglia dell’America di Trump contro il dumping di Pechino: “è ovvio che Trump sta mettendo alle strette i suoi alleati per far fronte comune contro la Cina”, spiega Forchielli, esperto di Cina e relazioni commerciali, al telefono da Bangkok.
Secondo l’imprenditore e manager bolognese, sulle tariffe dell’acciaio, Canada, Messico, Brasile, Australia, Sud-Korea, Giappone e EU saranno esentati con pochissime eccezioni forse, solo Australia e Giappone. “Ma penso che rientreranno pure loro, ogni giorno cambia qualcosa, di fatto le tariffe saranno solo applicate alla Cina che non esporta negli USA, quindi nessun effetto sui prezzi di acciaio o alluminio”.
“In cambio – prosegue Forchielli – i paesi che vengono esentati firmeranno un impegno a fare fronte comune contro il dumping e il furto della proprietà intellettuale. Se un paese sgarra scattano le sanzioni sull’acciaio. Se un paese addirittura si ribella, scattano le sanzioni sulle auto”.
Il nuovo pacchetto di tariffe che esce a fine marzo prevede tariffe su $ 60 Mld. di beni prettamente importati dalla Cina. Ma non verranno applicate subito, perché verranno sottoposte ad un processo di consultazione con le società industriali USA, quindi anche questa è una minaccia pendente.
L’obiettivo reale è la Cina, dunque, responsabile della metà del deficit commerciale statunitense e paradossalmente fra i Paesi meno danneggiati dai dazi su acciaio e alluminio, cosa che aveva suscitato grandi perplessità sulle reali intenzioni della Casa Bianca mandando il fibrillazione le cancellerie d’Europa e di mezzo Occidente.
La minaccia di una stretta all’import di acciaio, e quella ancor più grave di prendere di mira il settore automobilistico, serve nelle intenzioni dell’amministrazione a mettere alle strette i Paesi che flirtano troppo con Pechino all’idea di costringere la Cina a un ripensamento.
In concreto – spiega Forchielli – Washington pensa a “forti misure antidumping, fino in teoria a rivedere l’intera infrastruttura del WTO”. E ancora, accelerazione di tariffe coordinate contro Pechino, azioni di blocco dei suoi massicci investimenti all’estero con cui s’impadronisce di know how, misure difensive della proprietà intellettuale. Fino, ipotesi ancor più estreme, alle limitazioni ai visti, agli accordi di cooperazione scientifica e ai permessi di studio per gli studenti cinesi nei settori ‘stem’ (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica).
Se Trump ha minacciato direttamente molti paesi partner, a partire dall’Europa e in particolare la Germania, nell’amministrazione c’è una corrente ben più ragionevole che da tempo lavora per una svolta al dossier commerciale: Bob Lighthizer, il Rappresentante commerciale degli Usa. Wilbur Rossa, il segretario al Commercio. Peter Navarro, il braccio destro di Trump per il commercio famoso per i suoi pamphlet contro Pechino. Persone che hanno deciso di combattere il deficit combattere degli Usa verso la Cina e, più nel lungo termine, guardano con grande preoccupazione al formidabile competitor che Pechino rischia di diventare in campo tecnologico, anche grazie al ‘furto’ di proprietà intellettuale.
“I venti di guerra commerciale sono lenti, non immediati e siamo solo alle prime avvisaglie”, spiega Forchielli. Bisognerà vedere se gli alleati si allineano agli Usa, e poi capire la risposta della Cina, che di fatto – spiega Forchielli – “sta mostrando di aver capito la situazione” e potrebbe essere molto più pragmatica di quanto si pensi.
 
Alberto Forchielli intervistato da Domenico Conti, intervista pubblicata su Ansa.it, 22.03.2018
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